Se non proprio un panno da biliardo, quasi: cominciamo dal manto di San Siro, che rispetto alla pietraia di Skopje ci ha fatto subito pensare a un altro sport, letteralmente. Poi ci hanno pensato gli interpreti, la loro disposizione e l’interpretazione di uno spartito che sulla base di una ininterrotta spinta propositiva ha valorizzato al meglio quasi tutte le caratteristiche dei singoli. Il calcio di Spalletti, del resto, è questo qua, quando trova le condizioni per estrinsecarsi. Anzi, quando ha agio di crearsele, quelle condizioni.
Chi aveva visto l’Ucraina contro gli inglesi, ha capito sin dai primi giri di lancetta, stasera, che l’Italia ha messo in atto una strategia di ragionato palleggio con baricentro alto per avvolgere progressivamente gli uomini di Rebrov. Su uno spartito del genere la muscolarità disciplinata di Frattesi e la rapidità manovriera di Raspadori hanno creato le condizioni ideali per complicare la vita a Konoplia e compagni. Nazionale azzurra a tratti ottima e abbondante, con Zaniolo molto più disposto ad aggredire gli spazi giusti, per quanto non sempre imbeccato col pallone.
Meritato è stato il doppio vantaggio, casuale e maldestro il regalo che Dimarco confeziona per il gol ucraino che riapre la contesa; episodico ma potenzialmente grave perché un po’ di stanchezza nel finale e qualche pallone male amministrato svegliano fantasmi vecchi e recenti. Ma, tra una totale rotazione dell’attacco e un conservativo ingresso di Cristante nel finale, l’Italia chiude meritando il terzo gol, a dispetto dei ritmi più blandi.
Nota a margine ma non marginale: stasera Donnarumma era il portiere dell’Italia, sarebbe dovuto valere anche per i milanisti ancora offesi.