In questi giorni va tragicamente in onda da Lampedusa la bancarotta dell’Unione Europea. Di quella Unione Europea che si era legittimata celebrando le frontiere aperte, l’accoglienza, l’integrazione e che ora a Lampedusa rivela di essere il contrario di ciò che diceva. Abbiamo visto la Germania che sempre aveva rimproverato l’Italia per le sue politiche in fatto di immigrazione troppo poco aperte a giudizio dei teutonici ebbene abbiamo visto la Germania che adesso ha deciso di dire basta all’Italia per quel che riguarda l’accoglienza di migranti provenienti dall’Italia stessa.
E che dire poi della Francia che si è rinserrata ermeticamente nei propri confini? Quella stessa Francia che, come la Germania aveva più volte accusato l’Italia di non condurre politiche migratorie adeguate secondo i programmi dell’Unione Europea. Ebbene, ciò che sta accadendo a Lampedusa non è se non l’attuazione di uno dei capisaldi del nuovo ordine global-capitalistico. L’immigrazione di massa, al netto delle retoriche che cercano di giustificarla in ogni modo e anzi di celebrarla come l’ottava meraviglia del mondo, figura come arma della classe dominante con un fine molto preciso.
Quello di generare una concorrenza al ribasso, di abbattere i costi della forza lavoro, di creare tensioni sociali preordinate, di impoverire i popoli. L’obiettivo del capitalismo, deve essere chiaro, non è di integrare i migranti. Al contrario, l’obiettivo del capitalismo è di rendere migranti non ancora migranti.
Il nuovo soggetto assoggettato, infatti, è perennemente in movimento, senza legami, senza stabilità, è una pura pedina mossa dai processi di valorizzazione del valore. Le soggettività in balia del turbocapitalismo apolide sono per loro stessa vocazione migranti, cioè prive di direzione e prive di territorializzazione, sempre in movimento, come suggerisce il participio presente che esprime l’essenza stessa del migrare. Mente chi vuole l’immigrazione di massa e mente chi si accanisce contro i migranti.
Il nemico si chiama capitalismo, che usa l’immigrazione come arma per i propri scopi di lucro, come arma contro le classi lavoratrici, come arma contro i diritti dei popoli, come arma per generare conflitti orizzontali fra gli ultimi, che sono creati ad arte dalle classi dominanti e che vengono poi al tempo stesso alimentati grazie alla grande macchina della propaganda e dell’industria mediatica. Insomma, l’immigrazione di massa è una tragedia. È una tragedia per chi è costretto a migrare ed è una tragedia per le classi lavoratrici autoctone che, come ricordavo poc’anzi, dall’immigrazione di massa devono solo temere la perdita dei pochi diritti ancora superstiti e naturalmente il peggioramento sempre crescente delle condizioni lavorative.