Patto di stabilità? Un po’ come nell’immaginario degli antichi, c’era il Cerbero che sorvegliava le porte dell’Ade, cioè dell’aldilà.
Così il patto di stabilità in questo mondo moderno europeo controlla che i paesi aderenti all’euro non facciano delle cose che non sono gradite nei conti pubblici, pena finire sanzionati. I due parametri principali sono, ormai da alcuni decenni, il limite massimo del 3% per il deficit pubblico e del 60% per il debito pubblico in rapporto al cosiddetto PIL, prodotto interno lordo.
Vi ricordo che questi parametri non hanno nessun fondamento scientifico e sono del tutto arbitrari.
Tuttavia la vera ossessione comunitaria è il rapporto deficit-PIL, in quanto se uno Stato supera quel limite, riceve delle raccomandazioni, così vengono chiamate, per correggersi. E se non lo fa rischia una sanzione. Insomma siamo in un meccanismo caramella e bastone: “stick and carrots”, bastone e carota. Hai fatto il bravo bambino? Ti do lecca lecca. Sei stato cattivello, ti sculaccio sul popò!
Nel marzo 2020, a seguito della pandemia che tutti conoscete, il patto è stato sospeso, ma tornerà presto in vigore se non verrà firmato un nuovo accordo. Le trattative per un nuovo patto sono complesse, poiché l’Unione Europea è divisa tra paesi cosiddetti “rigoristi”, come Olanda, Austria, Svezia, Danimarca e Finlandia, e quelli invece più “possibilisti”, che sono quelli anche più indebitati, che spesso sono situati nel Mediterraneo. Per cui l’obiettivo deve essere quello di trovare delle regole che siano realistiche e sostenibili per il debito pubblico, e non solo politiche di austerity con una diretta fermata alla fermata della recessione.
Per quanto riguarda la riforma del patto di stabilità, rimane per l’Italia una camicia di forza per la politica di bilancio del Paese.
Quindi, riassumendo, noi ci siamo infilati una camicia di forza, ormai da decenni, basata su parametri che non sono scientifici e che sono basati su di una situazione irreale che si determinava vent’anni fa, come se in questi decenni non fosse successo nulla, come se la situazione economica, sociopolitica non fosse drammaticamente diversa, come se le nostre imprese non fossero oggi già in recessione.
Malvezzi Quotidiani – L’Economia umanistica spiegata bene con Valerio Malvezzi