È un’idea davvero curiosa quella maturata dal pm di Brescia in relazione ad un processo istituito contro un uomo del Bangladesh, accusato di aver trattato la propria ex moglie. Il pm ha proposto di riconoscere l’innocenza dell’uomo per il fatto che l’accusato proviene da una cultura in cui il maltrattamento della donna è generalmente accettato.
Il paradosso deriva dal fatto che l’uomo abbia maltrattato la sua ex moglie in Italia dove, per fortuna, la legge prevede che sia un reato. Se ci pensate sul fondamento del ragionamento del pm di Brescia si precipita in una sorta di relativismo giuridico integrale che finisce per condurci direttamente tra le braccia del sofista Protagora.
Egli sosteneva che tutto era relativo al singolo soggetto secondo la nota tesi per cui l’uomo è la misura di tutte le cose. Per Protagora non esiste il buono, il giusto e il vero in assoluto, ma ciascuno diventa il metro di giudizio. Platone diceva che sulla base del ragionamento di Protagora non potrebbe esserci scienza universale ma si rimarrebbe sempre vincolati all’ambito dell’opinione soggettiva.
Se davvero venisse preso per corretto tale principio di Protagora, allora crollerebbe il fondamento stesso dell’impianto giuridico, quello secondo cui è uguale per tutti. Per questa ragione quando ci si reca in uno Stato diverso dal proprio, diventa necessario adeguarsi alla legge vigente in esso, quali che siano le proprie convinzioni. Se ciò non avvenisse si cadrebbe nella tesi di Protagora.
Il filosofo Habermas ha giustamente sostenuto ha sottolineato giustamente che deve valere al quadro giuridico vigente, fatte salve le convinzioni di ciascuno che tuttavia devono essere subordinate alla vigenza delle legge. Ciascuno sarà libero di credere in ciò che vuole ma dovrà rispettare in ogni caso la legge vigente. Il relativismo applicato all’ambito giuridico ci condurrebbe in una sorta di Far West dove ciascuno diventa ordine valoriale per se stesso ed entrare in conflitto, imponendo il proprio ordine valoriale.