Una sentenza che possiamo definire storica è appena stata emessa negli USA. La causa è stata intentata dai procuratori generali del Missouri e della Louisiana. Subito si sono associati tre autorevoli scienziati: Bhattacharya, epidemiologo, Martin Kulldorf, biostatistico ad Harvard e lo psichiatra Aaron Kheriaty.
La pietra dello scandalo è stata sin dall’inizio la famosa Great Barrington Declaration, la famosa dichiarazione scientifica attraverso la quale alcuni scienziati sostenevano che contro il Covid era possibile mettere in campo una protezione mirata su anziani e fragili: una tesi eretica al tempo del vaccino o niente.
Nel grande silenzio dei media, questi esponenti scientifici hanno iniziato a condividere queste idee sui social. Ciò ha comportato la censura immediata sulle piattaforme digitali. Chiusa subito anche la pagina della Great Barrington, che si provava a rendere ufficiale per dare autorevolezza alle comunicazioni, con la famosa spunta blu.
“Se non ci fosse stata questa censura forse le policy sulle restrizioni sarebbero state meno feroci, vista la presenza di un dibattito”. Lo sottolinea la giornalista de La Verità Maddalena Loy, “per esempio Fauci in una delle sue mail a Francis Collins diceva che c’era bisogno di una rimozione pubblica devastante, e che le evidenze non conformi erano pericolose“.
La svolta arriva lo scorso 4 luglio, quando il procuratore distrettuale denuncia una violazione del primo emendamento da Biden in giù: quello che stabilisce la libertà di espressione negli Stati Uniti, “e che per gli americani è sacro“.
Così si arriva alla decisione del giudice. Il magistrato emette un’ingiunzione radicale che d’ora in poi limiterà ai funzionari chiamati in causa (inclusa la portavoce della Casa Bianca) i contatti formali con le piattaforme social.
“Una sentenza molto simbolica“, continua Loy, “ma se poi saranno trovate tracce di contatti la situazione sarà ancora più grave“.
Dopo il ricorso del 14 luglio da parte della Casa Bianca, l’ingiunzione è stata sospesa per venire riconfermata l’8 settembre scorso.
Una decisione decisamente in controtendenza con quanto accade nella vicina Unione Europea: “Se voi adesso digitate su Google ‘Missouri Biden’, che è il titolo della causa di cui stiamo parlando, voi trovate altri procedimenti, perché questi sono stati oscurati“.
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