Picco di “disturbi e autolesionismo” tra i giovani, è allarme ▷ “Le cause però passano in sordina”


Disturbi mentali e atti di autolesionismo. Il picco dopo il Covid e l’Sos dei giovani: “Aiutateci a guarire”.
Il problema di cui si occupa oggi Repubblica è di quelli certamente alla ribalta negli ultimi anni. Tra le perplessità che avevano suscitato lockdown, restrizioni e coprifuoco, con tanto di didattica a distanza c’era proprio la salute mentale delle menti in epoca formativa. Problema liquidato con sufficienza il più delle volte, ora torna a chiederci il conto. “E’ proprio per questo che dobbiamo far finire le restrizioni al più presto“, si diceva in tempi non sospetti, nella migliore delle ipotesi.
Tempo però ne è passato, quello sufficiente a lasciare danni, chissà se permanenti.
In prima pagina però non leggiamo riferimenti a quello che è accaduto. Non si parla di restrizioni, di libertà limitate e anni di scuola vissuti sopra un materasso.

Chissà se l’intento di Repubblica fosse in questo caso il mero fare cronaca, ma la problematica sollevata grida vendetta: “Buio, buio e ancora buio. Ero inerte, una cosa morta. L’unica parte viva del mio corpo era il sangue che guardavo uscire dalle mie ferite“, si legge nella testimonianza raccolta, “sapete dove spingevo la lametta? Nella parte alta delle cosce. Quel punto è sempre coperto. Me l’aveva insegnato un’amica. Anche lei stava male. Mi ferivo, la pelle bruciava e trovavo pace. Poi mia madre se n’è accorta, eravamo al mare, a Sorrento, l’unica volta in cui avevo messo il costume“.
Sulle cause di tutto ciò ha meno dubbi il fondatore del Centro Studi Machiavelli Daniele Scalea: “Difficile immaginarlo, soprattutto considerando che una delle idee più propagandate tra i giovani è quella che il mondo sta per finire e che stanno per morire tutti a causa del cambiamento climatico“.

Tra le soluzioni immediate, una potrebbe essercene in particolare: “Intanto continuare a parlare di apocalisse non è proprio il modo ideale di farli crescere sereni“, e le conseguenze non sono solo quelle che si vedono; “ci sono numerosi studi che dimostrano che nella nostra epoca c’è un calo cognitivo e questo si ripercuote nella crescente incapacità di fare collegamenti, di mettere a paragone due fenomeni e riuscire a classificarli. Questo forse spiega anche perché spesso si sostenga una cosa e il giorno dopo ci si lamenti degli effetti di quella stessa cosa senza accorgersi della contraddizione“. L’intervista di Francesco Borgonovo.