Con lo spread che ormai è ai livelli di guardia, con i rendimenti dei buoni del tesoro pluriennale ai massimi da circa 10 anni, l’ansia da debito pubblico aumenta per il governo italiano. E i numeri della manovra finanziaria appena varata non offrono delle soluzioni al problema, anzi il rapporto tra debito e PIL continuerà ad oscillare attorno a circa il 140% senza delle riduzioni significative. Il Tesoro, il Ministero del Tesoro, si muove su di un sentiero sempre più stretto con i tassi che resteranno elevati probabilmente a lungo termine e quindi una spesa per interessi che continuerà a gravare sui conti pubblici probabilmente in aumento.
Il debito da finanziare per il 2024 sarà di gran lunga più elevato rispetto a quello del 2023. secondo le previsioni dell’ufficio parlamentare del bilancio. Il ministro Giorgetti dovrà quindi conquistarsi sul campo la fiducia dei mercati finanziari, influenzata anche dal voto delle principali agenzie di rating.
Per convincere le famiglie a sottoscrivere i prossimi collocamenti, il Governo ha proposto di escludere gli investimenti in titoli di Stato dal calcolo dell’Isee. il parametro, come sapete, di riferimento per valutare l’accesso alle agevolazioni nei servizi sanitari, nei servizi scolastici e anche nel welfare. Insomma, questa proposta del Governo ha sollevato dei dubbi sulla disparità di trattamento tra cittadini con condizioni economiche simili e potrebbe essere corretta in fase di approvazione della legge di bilancio.
Ora, tutta questa questione che stiamo ormai vedendo da anni si muove attorno al concetto del rapporto tra il debito e il PIL. Il problema è che se tu deprimi il PIL, questo è il problema, la frazione evidentemente aumenta perché stai facendo calare il denominatore. Quindi il ragionamento è un ragionamento un po’ più complesso di come vi viene sempre formulato, cioè si deve ridurre il debito.
Il vero ragionamento da fare sarebbe: bisogna espandere il PIL e quindi bisogna probabilmente cambiare completamente strada. Dobbiamo tornare a parlare di investimenti pubblici, di sostegno all’economia come si faceva negli anni 80 per esempio. E tutta la paura dell’inflazione è una paura che hanno coloro che hanno miliardi in banca perché per loro evidentemente un euro forte è la garanzia delle cose.
Per il cittadino che ha uno stipendio, se aumenta lo stipendio e aumentano i prezzi, il problema non esiste perché quello che conta è il potere reale di acquisto. Pensateci.
Malvezzi Quotidiani – L’economia umanistica spiegata bene con Valerio Malvezzi