Oggi parliamo dello spread. Un po’ come successe nel 2011, non è ormai più un mistero il fatto che in Italia e anche a Bruxelles ci sia un
partito trasversale che tifa forza spread. Avvenne nel 2011 con esiti che ancora ricordiamo, avvenne nel 2018, lo ricorderete, con il primo
governo giallo-verde, cioè Lega e 5 Stelle.
Seppure con notevoli differenze rispetto a quei due episodi, quello che portò poi al Governo Monti e quello che poi fece cadere il primo
governo gialloverde. Ci risiamo, cioè ancora questa volontà italiana di farci del male. Per esempio su Repubblica alcuni giorni fa ha perso
un titolo che offriva un’immagine esemplificativa della bagarre che attende il governo nelle prossime settimane e il recente contesto di
aumento generalizzato dei tassi di interesse è provocato da aggressive dichiarazioni sul livello del futuro dei tassi provenienti da esponenti
della Federal Reserve americana e della Banca Centrale Europea dove il BTP, cioè i buoni del tesoro pluriennali, ha mostrato maggiore
sensibilità al rialzo rispetto al Bund, che è l’omonimo decennale tedesco.
Ma se noi guardiamo indietro di un anno, il BTP decennale offriva lo stesso rendimento di oggi, mentre il Bund tedesco è saluto dal 2,20 al
2,85%. Per questo motivo lo spread è sceso di 60 punti da circa 255 a circa 195 in questi giorni. Ovviamente bisogna anche ricordare che il 4,7% di un anno fa si registrò con una inflazione record che era quasi al 12% su base annua e con la Banca Centrale Europea che era
impegnata a rialzare i tassi a colpi di 75 punti base alla volta.
Oggi la situazione è un po’ diversa perché siamo con un’inflazione al 54% ad agosto naturalmente, sto dicendo gli ultimi dati noti, e
probabilmente potrebbe esserci un calo ad ottobre e quindi quel rendimento potrebbe diventare un richiamo interessante. Insomma
l’impressione che in questi giorni gli investitori abbiano sovrastimato le recenti parole di Christine Lagarde che ancora usa un linguaggio
aggressivo e non si convinca che non può più seguire la politica monetaria della Fed, cioè della banca centrale americana, perché ci sono
grandi differenze storiche e prospettiche sulla ragione dell’inflazione. La nota che vi voglio dare è che continuiamo sempre a parlare di
finanza.
Abbiamo dei governi che ormai da vent’anni in Italia non capiscono che bisogna cambiare completamente il piano economico. Dobbiamo
tornare a parlare di famiglie e soprattutto imprese, perché sono le imprese che creano i posti di lavoro e creano i prodotti e i servizi.
Continuare a parlare di finanza per la finanza non ci farà uscire dalla situazione.
Malvezzi Quotidiani – L’economia umanistica spiegata bene con Valerio Malvezzi