Ciò che forse più colpisce della condizione contemporanea e del suo modo di raccontare le guerre, da quella di Ucraina a quella odierna tra israeliani e palestinesi, riguarda la destoricizzazione integrale dello sguardo. Ebbene, la destoricizzazione integrale dello sguardo, tipica della nostra epoca, ben sintetizza la condizione del tempo della fine della storia, come ebbe a definirlo Francis Fukuyama, che poi è anche fine della capacità di storicizzare i processi e di analizzare nel contesto e nello sviluppo le situazioni.
La destoricizzazione dello sguardo, dunque, rivela molto limpidamente la malattia antistorica che affligge la nostra epoca. Storicizzare lo sguardo è la chiave ermeneutica fondamentale per comprendere la realtà sociale, economica e politica nella sua genesi e nel suo sviluppo. Ebbene, la storicizzazione dello sguardo è stata già da tempo sostituita da una teologia sovrastorica che contrappone astrattamente il bene e il male e che fa coincidere lo sguardo dell’Occidente con il regno del bene e fa coincidere per converso tutto ciò che variamente non rientri nell’ordine occidentale con il male assoluto.
Così, ad esempio, la guerra d’Ucraina, anziché essere studiata e presentata con sguardo storico come l’esito nefasto di un processo graduale con cui la NATO si è espansa irresponsabilmente verso Oriente e dunque verso le aree un tempo sovietiche. Ebbene, lungi dall’essere presentata così con sguardo storico, la guerra d’Ucraina è stata presentata dall’ordine discorsivo dominante in maniera fumettistica e caricaturale, come la scelta di un dittatore pazzo e criminale che si sveglia la mattina e decide di invadere l’Ucraina non avendo di meglio da fare. Lo stesso accade ora con il conflitto tra Israele e Palestinesi, ove la destoricizzazione dello sguardo è non meno presente. In particolare questo conflitto, come sappiamo, viene presentato come l’esito necessario di un gesto terroristico improvviso, il gesto osceno e condannabile certamente, del terrorismo di Hamas.
Ma in tal guisa si produce una totale rimozione di 50 anni e più di storie di conflitti, di sfruttamento e di violenza, soprattutto di sfruttamento e di violenza, va detto, subito dai palestinesi. Delle cause reali del conflitto, anche in questo caso, non si può parlare, da che ogni sguardo storico è stato interdetto, di più è stato sostituito dalla già ricordata metafisica del nemico assoluto. Ecco allora che spariscono integralmente dai radar le miserrime condizioni a cui Israele ha condannato la striscia di Gaza con i suoi più di due milioni di abitanti, che sono condannati a vivere, occorre sottolinearlo, in una sorta di infernale prigione a cielo aperto, ove pressoché ogni diritto è stato cancellato e ogni genere di violenza è stata perpetrata a documento dei palestinesi.
Questa caricaturale metafisica del bene assoluto, incarnato ovviamente dall’Occidente e contrapposto al male assoluto, incarnato da tutto ciò che Occidente non è, comporta oltretutto una conseguenza esiziale. Le azioni dei nemici dell’Occidente sono per definizione terroristiche. laddove le azioni ugualmente violente dell’Occidente sono per definizione benefiche e orientate alla libertà e alla democrazia.
Lo stiamo vedendo in questi giorni. Quello dei palestinesi è sempre e comunque per definizione terrorismo. Quello di Israele, dell’Occidente, degli Stati Uniti non è mai presentato come terrorismo ma al contrario è sempre celebrato come tentativo di esportare la democrazia e i diritti. Addirittura vige ora una nuova formula con la quale si giustifica la violenza che Israele sta utilizzando contro i palestinesi. Si parla genericamente del diritto di Israele a difendersi. Ebbene siamo davvero sicuri che si possa chiamare diritto di Israele a difendersi il modo con cui Israele sta facendo tabula rasa di Gaza e dei suoi abitanti o il modo con cui Israele ha bombardato e ha fatto raid in questi giorni in Siria contro le armi presenti in quel territorio, violando gli spazi di uno stato sovrano, davvero si può chiamare diritto di difendersi? Insomma, occorre sempre storicizzare lo sguardo e tornare a pensare soprattutto con la propria testa.