Israele, un’altra Ucraina? Le prossime mosse dell’Occidente ▷ “Vedrete che faranno lo stesso”

Tensioni si risvegliano in maniera estremamente dirompente, con un bilancio di vittime e feriti molto alto.
Tra Israele e Gaza scattano operazioni militari. La prima, quella compiuta da Hamas, la parte palestinese, ha infiammato uno scontro quasi secolare, religioso ma non solo. Una raffica di razzi sono stati lanciati nelle regioni israeliane, con conseguenti morti e feriti civili e non. Oltre all’attacco aereo, anche l’operazione di terra, costitutiva anche di prese in ostaggio di civili. Alcuni sono stati portati proprio nella striscia di Gaza, così da fungere come deterrenti. Sì, perché il premier israeliano Netanyahu ha risposto dichiarando lo stato di guerra, e dunque anche lanciando prossimamente l’assalto a Gaza, stando al Washington Post.
Parte dunque un conflitto mai spento, che coinvolge tutto il mondo arabo.
Ma coinvolgerà anche il nostro?

C’è chi ricorre ad una sorta di “ucrainizzazione” del conflitto, pescandone alcune analogie. “Difendere Israele significa difendere la libertà dell’Occidente“, lancia l’appello Il Foglio. Seguono le conferme di Lorenzo Fontana, presidente della Camera e di Galeazzo Bignami, deputato e viceministro a Infrastrutture e Trasporti.

L’analisi di Giacomo Gabellini

Di razionalizzare il conflitto non se ne parla: troppo sangue è stato versato in quasi un secolo di scontri e tensioni.
Alcune risoluzioni – spiega Giacomo Gabellini, saggista e ricercatore indipendente – dicono che i palestinesi hanno diritto a uno Stato.
E quindi avere diritto a uno Stato significa avere anche dei territori in cui far sorgere questo Stato, che deve avere comunque una sua funzionalità. Chiaramente i territori a macchia di leopardo non si prestano a questa funzione. Vorrei sottolineare la politica di colonizzazione dei territori occupati che viene portata avanti in maniera piuttosto imperterrita da ormai molto tempo, quindi questo conflitto si è cronicizzato. Si è arrivato a un livello di odio reciproco che ormai supera qualsiasi livello di razionalizzazione
“.

Re-internazionalizzazione del conflitto

Un attacco, quello di Hamas, che ha avuto come principale funzione e risultato quello di restaurare scene che gli israeliani non erano più abituati a vedere. E soprattutto a seguito del trattato di pace israelo-egiziano del 1979, la questione sarebbe poi calata negli interessi internazionali. “Quelle recenti sono scene che gli israeliani non sono abituati a vedere indubbiamente. E tutto questo ha soprattutto avuto un effetto di ‘reinternazionalizzare’ nuovamente il conflitto. Quindi adesso Israele dovrà tener conto di tutta questa rinnovata questione palestinese, della sua ‘reinternazionalizzazione’ e la possibilità che questa si colleghi con fattori esterni“.

Che possa diventare molto più grande di come è ora, soprattutto in concomitanza con il conflitto in Ucraina?
Non si sta mettendo benissimo a livello globale. Qui ci sono almeno due nazioni coinvolte che hanno le armi atomiche“.

Le reazioni dell’Occidente

Tanto per riportare le questioni estere in una zona di comfort, in una zona “familiare”, la tendenza che avanza è quella di evidenziare il colore delle fazioni. Così come Netanyahu, anche la parte di Hamas riceve l’accusa di essere di estrema destra, tramite l’assalto che ha dato inizio al conflitto. Ma è quello il vero punto? “Qua c’è gente – commenta il vicedirettore de La Verità, Francesco Borgonovo – che da una parte all’altra finisce macinata dentro una cosa abnorme, orribile. E secondo me alzare il livello dello scontro non porta proprio bene per niente“.

Parlando invece di mediazioni? L’Italia si muove tramite la premier Giorgia Meloni che conferma a Netanyahu il sostegno, riporta Ansa.
E il blocco occidentale? “Il fatto di mettersi automaticamente da una parte – spiega Gabellini – e di relegare tutti i cattivi dall’altra, ha relegato un po’ l’Occidente in una mancanza dal punto di vista diplomatico, per cui l’unica soluzione è sempre stata quella militare.
Se invece si cerca una via diversa e si cerca di tenere in considerazione gli interessi di tutte le parti, magari si recupera anche credibilità a livello internazionale. Invece abbiamo visto che per esempio nel conflitto russo-ucraino i mediatori erano la Turchia e Israele, e vedrete che rispetto a questo episodio la mediazione non sarà sicuramente di parte occidentale
“.