Ayn Rand è una filosofa e scrittrice ebrea russa, vissuta nei primi del ‘900, poi divenuta sceneggiatrice, sostenitrice di un individualismo razionale, di un egoismo razionale. Le sue opere oggi suonano tristemente attuali, in particolare per quel che riguarda alcune sue riflessioni sul rapporto tra ricchezza, potere e corruzione. Scrive Any Rand: “Quando ti rendi conto che per produrre è necessario ottenere il consenso di coloro che non producono nulla, quando hai la prova che il denaro fluisce a coloro che non commerciano con le merci ma con favori, quando capisci che molti si arricchiscono con la corruzione e con l’influenza, più che con il lavoro e con le leggi che in realtà non proteggono noi ma proteggono loro. Quando ti rendi conto che la corruzione è ricompensata e l’onestà diventa un autosacrificio, allora puoi affermare senza paura di sbagliarti che la tua società è condannata”.
Any Rand descriveva una società condannata già nei primi ventenni dello scorso secolo, e dopo 100 anni la situazione descritta dalla filosofa russa sembra aderire anco meglio al nostro tempo, come sottolinea Diego Fusaro: “In effetti non è la ricchezza in sé essere un male, ma lo diventa a due condizioni. Quando, come avviene nella società capitalistica, la ricchezza dei pochi si fonda sulla miseria dei più e quindi si fonda sullo sfruttamento, o come diceva Vittor Hugo, il paradiso dei pochi è reso possibile dall’inferno dei più, E in secondo luogo quando, come ci ha insegnato Aristotele, la ricchezza diventa un fine a se stesso e dunque in sostanza produce il cattivo infinito della ricerca illimitata di arricchimento”.
Insomma, oggi come allora non va criminalizzata la ricchezza in sé, quanto vanno invece condannata una classe di persone che genera ricchezze illimitate dallo sfruttamento: “L’avere più del necessario, non è certo un male. L’odierna società oltre alle forme di ricchezza mediante sfruttamento, genera particolari forme annesse di arricchimento, che sono quelle frodi finanziarie, della corruzione, e che rendono sempre più palese l’esistenza di una power élite, potremmo chiamarla così, una classe sempre più ristretta di ultracapitalisti che senza alcuno scrupolo e senza alcun ancoraggio di tipo etico producono questa fuga in avanti verso la crescita smisurata. Ora, la cosa da un certo punto di vista sconvolgente è che la massima parte degli esseri umani avrebbero buone ragioni per contestare tutto questo, e invece lo accetta placidamente, magari anzi con stolta letizia, sognando di diventare loro stessi parte della power elite“.