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“Prega per noi uomini assassini”: l’Ave Maria riscritta da Adriano Celentano? Una pacchianata rara

Come usa dire nel lessico comune, non c’è due senza tre.
E così, dopo Piero Pelù, che si vergognava su Facebook di essere uomo, e dopo Francesco Renga, che sempre su Facebook chiedeva scusa a Giulia, adesso è la volta di Adriano Celentano.

Il molleggiato delle Puglie ha infatti rivisto sui propri canali social l’Ave Maria. E lo ha fatto in una forma politicamente corretta elaborata ad hoc per l’orrendo omicidio di Giulia Cecchettin. “Prega per noi uomini assassini“, dice la versione di Adriano Celentano.
Versione che appare a tutti gli effetti come oltremodo demenziale.
Versione che oltretutto suona anche blasfema, anche per ragioni teologiche, se si considera che dal punto di vista stricto sensu cristiano, peccatori siamo tutti, dacché abbiamo il peccato originale fin dalla nascita. Ma assassini sono solo, in concreto, coloro i quali uccidono.

La versione canora di Celentano, oltre a essere, diciamolo pure apertis verbis, una pacchianata rara, conferma la tendenza generale, quello che vorrei definire il “gulag mentale” in cui i più sono già da tempo reclusi, fatti ostaggio del pensiero unico politicamente corretto come completamento simbolico della civiltà neoliberale e dei suoi sempre più asimmetrici rapporti di forza.

Sarebbe da domandare a Celentano per quali ragioni egli si sente in dovere di definire “assassini” gli uomini, con il solito infame razzismo di genere. Non vi sono forse uomini, peraltro la massima parte, che non sono assassini e che anzi non hanno mai torto un capello a nessuno? Perché mai dunque bisognerebbe pregare per gli uomini assassini, intesi come tutti assassini?
E che modo è quello di definire “assassini” tutti gli uomini? Forse si deve dare un’altra lettura ermeneutica del bizzarro testo di Celentano?
Forse quel “noi uomini assassini” deve essere circoscritto effettivamente alla sfera dei soli uomini assassini?

Ma in questo caso, dato che Adriano Celentano usa il “noi”, se ne dedurrebbe che lo stesso Celentano, richiamandosi al “noi uomini assassini”, rientri nella categoria.
Cosa davvero strana, dacché, per quel che ne sappiamo, Celentano non si è mai macchiato di alcun omicidio.
Sembra davvero più plausibile allora la prima interpretazione, quella secondo cui, per il molleggiato delle Puglie, come per gli altri alfieri del pensiero unico politicamente corretto, davvero tutti gli uomini devono essere considerati come assassini.

Ebbene, diciamolo senza tema di smentita, la situazione è tragica senza riuscire in alcun modo a risultare seria.
Perché effettivamente questo razzismo di genere risulta davvero demenziale.

Il razzismo si fonda sempre sulla generalizzazione indebita, quella che attribuisce a un’intera categoria di persone delle presunte colpe che si rinvengono in singoli individui. E poco cambia in verità se il razzismo non è più legato all’etnia ma diventa legato al genere.
Sempre lo stesso cliché demenziale e scellerato applica: quello della generalizzazione e della colpevolizzazione universale, di certe categorie precise selezionate ad hoc.

Ma noi sappiamo, e l’abbiamo ribadito ad nauseam, che la colpa, giuridica e morale, è sempre della persona individuale e non può essere in alcun caso generalizzata. Soprattutto non può essere generalizzata su basi biologiche naturali, tanto più che non si sceglie se venire, gettati direbbe Heidegger al mondo, come maschio o come femmine. Addirittura sia maschi o femmine ancora prima di nascere, dato che si tratta di una determinazione biologica e cromosomica che nessuno di noi ha scelto.
Insomma, una volta di più, il razzismo di genere rivela tutta la sua patetica, tenuta, ortodossa rispetto all’ordine neoliberale.

Radio Attività – Lampi del pensiero quotidiano con Diego Fusaro

Diego Fusaro

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