Il voltafaccia del sindacato è servito: l’astuto raggiro sullo sciopero di venerdì 17 cela ben altro

Per venerdì 17 novembre, come sapete, è prevista una grande mobilitazione di sciopero che sta creando un vivacissimo dibattito con posizioni contrapposte. Il governo di Giorgia Meloni in particolare si sta opponendo con enfasi laddove i sindacati rivendicano il diritto di scioperare. Ora lasciate che io affronti anzitutto il tema dello sciopero in generale per poi passare rapidamente a una disamina della vicenda specifica di cui stiamo trattando.
Non ho alcun dubbio nel sostenere che lo sciopero è un diritto fondamentale, un imprescindibile strumento della lotta di classe dei lavoratori a sostegno dei propri diritti e delle proprie conquiste. Storicamente lo sciopero nasce appunto come strumento rivendicativo delle classi lavoratrici per interrompere l’ordine della produzione capitalistica e per segnalare esigenze particolari come l’innalzamento salariale o il contenimento delle ore di lavoro o ancora il miglioramento delle condizioni lavorative in generale. Se questa è la funzione imprescindibile dello sciopero, ebbene bisogna riconoscere che oggi, nel tempo del neocapitalismo senza frontiere, lo sciopero tende a smarrire la propria funzione per l’uso che ne viene indebitamente fatto.

Infatti siamo ormai avvezzi a scioperi pressoché settimanali, che perciò stesso compromettono la funzione importante dello sciopero, che come ricordavo dovrebbe essere quella di interrompere l’ordine della produzione capitalistica. Ma se lo sciopero diventa, come ormai è, una pratica quotidiana, lungi dall’interrompere la produzione capitalistica, diventa parte integrante dell’ordine della produzione capitalistica, anche da questo si evince un carattere propriamente di perdita del valore dello sciopero.
A maggior ragione se si considera l’uso che dello sciopero viene fatto ormai abitualmente dalle forze sindacali, che lo usano sostanzialmente non per contestare la produzione capitalistica, bensì per contestare le manovre a beneficio del capitale fatte dalla destra, le stesse manovre per il capitale fatte dalla sinistra vengono invece accettate serenamente dal sindacato e questo determina un paradosso sotto gli occhi di tutti quello per cui il sindacato non contesta lo sfruttamento capitalistico ma contesta semmai le riforme o le mosse della destra. Le stesse mosse, se fatte dalla sinistra, vengono accettate a cuor leggero. Questa è la situazione surreale nella quale oggi ci troviamo. Quella di un sindacato che già da tempo ha smesso di difendere il lavoro, complici anche peraltro le prestazioni di un capitalismo che sempre più tende a desindacalizzare il lavoro e a renderlo non difendibile dal sindacato grazie al prosperare di contratti anomali a tempo determinato, grazie a una desindacalizzazione integrale del mondo del lavoro.

Ma oltre a questo elemento v’è quello poc’anzi ricordato, per cui le forze sindacali, che sono sempre più forze concertative, vicine alla visione del mondo neocapitalistica, usano sostanzialmente lo sciopero come strumento politico contro la destra e non contro il capitalismo in quanto tale. D’altro canto che si sia prodotta una distanza che definirei siderale tra i sindacati e le ragioni del lavoro, affiora limpidamente dal contegno manifestato in questi ultimi anni dalla CGL, la principale forza sindacale nel nostro paese. Ebbene la CGL ai tempi dell’infame tessera verde non ha preso posizione a sostegno dei lavoratori, anzi con Landini si è espressa a favore dell’obbligo vaccinale.
Come se non bastasse tutti ricordiamo l’immagine di Landini con la mano di Draghi appoggiata sulla spalla. Un’immagine che vale più di ogni altra rappresentazione concettuale del reale rapporto tra sindacato e capitalismo dominante. Ebbene da questo punto di vista abbiamo bisogno non di smantellare il sindacato.
Avremmo bisogno semmai di un sindacato vero che difenda le ragioni del lavoro contro il capitale e che dunque superi la dicotomia di destra e sinistra.

Radioattività – Lampi del pensiero quotidiano con Diego Fusaro