La morte di Indi Gregory ha gettato un enorme velo di dubbi su quanto accaduto.
La piccola bambina inglese di otto mesi aveva una rara patologia mitocondriale, e per mesi ha ricevuto cure palliative nel suo Paese d’origine, in Inghilterra. I medici avevano indicato che la malattia fosse incurabile, motivo per cui i giudici inglesi avevano ordinato che le venissero staccati i macchinari che la tenevano in vita. Interviene però l’Italia. Il Bambino Gesù di Roma si offre di continuare le cure di Indi. Il Governo italiano le dà velocemente la cittadinanza italiana per lo spostamento. Nulla ha fatto però cambiare idea ai giudici, che le hanno staccato la spina. La piccola muore dopo un’agonia di un giorno e mezzo.
Il legale della famiglia Gregory, Simone Pillon, ha raccontato in diretta cosa è successo.
“È assurda questa vicenda – spiega l’avvocato – comunque la si voglia considerare, perché noi abbiamo un caso in cui sono state offerte delle cure alternative, più complete rispetto a quanto offerto dal servizio sanitario britannico. Il Governo italiano addirittura aveva detto che si sarebbe fatto carico sia delle spese di ospedalizzazione che delle spese di trasporto. Quindi tutta questa vicenda non sarebbe costata un Euro ai contribuenti inglesi“. A nulla purtroppo è servito appellarsi ai vari articoli, convenzioni dell’Aja, Onu.
“Le autorità inglesi non hanno proprio risposto!“
“Il giudice inglese ha risposto nel pomeriggio alla nostra autorità giudiziale dicendo che ‘adesso sono a disposizione, ma immagino che voi non abbiate più interesse a parlare‘”.
Immancabilmente nei social si sono create le fazioni. C’è anche più di qualcuno che cita l’accanimento terapeutico e lo considera peggiore della sorte di Indi Gregory. Ma c’entra davvero l’accanimento terapeutico in questo caso?
“Non era affatto accadimento terapeutico: fake news. Si trattava di un intervento di valutazione della possibile installazione di un piccolo stent cardiaco, come tanti bambini hanno delle malformazioni cardiache appena nati, basta un piccolo sondino, uno stent cardiaco per risolvere il problema. Questo avrebbe permesso alla bambina di respirare autonomamente senza più bisogno del respiratore, e questo avrebbe incrementato la sua qualità della vita“.
“Abbiamo tenuto un atteggiamento molto sottotraccia, molto collaborativo” – sottolinea Pillon.
“Ma abbiamo trovato la totale chiusura“.
Resta da capire ora come vorrà agire la famiglia Gregory in merito a possibili azioni legali.
Quel che è certo è che il piccolo miracolo, dice Pillon, di Indi è l’aver costretto tutto il mondo a mettere in discussione un tema non poco scottante.