Nelle acque territoriali palestinesi a largo di Gaza c’è un ricchissimo giacimento di gas naturale, il Gaza Marine. Israele da sempre prova a mettere le mani su quei giacimenti palestinesi ed in effetti in passato era stato firmato un accordo grazie alla mediazione di Londra e Washington che, di fatto, toglieva ai palestinesi gran parte delle entrate derivanti dallo sfruttamento di quei giacimenti, ma nel 2006 arriva al governo nella striscia di Gaza Hamas che respinge in toto quell’accordo definendolo un vero e proprio furto ai danni dei palestinesi.
Pensate che addirittura l’attuale ministro della difesa israeliano arrivò a dichiarare che mai più si sarebbero potuti sfruttare quei giacimenti senza prima portare a termine una operazione militare capace di sradicare Hamas dalla striscia di Gaza. Nel 2014 addirittura Abu Abbas dell’autorità nazionale palestinese si incontrò con Vladimir Putin per discutere la possibilità di affidare lo sfruttamento di quei giacimenti alla russa Gazprom e poco dopo, guarda caso, scoppiò la barriera protettiva. L’operazione barriera protettiva di Israele contro Gaza, una delle più forti operazioni che Israele abbia mai portato a termine contro Gaza, prima di quella attuale dell’ottobre 2023. Quindi nulla di più facile che quella operazione, serva anche per mettere le mani su quei giacimenti e vi racconto un ultimo dettaglio che ci chiama in causa, che chiama in causa l’Italia, infatti si è appena aggiunta a tutto questo un’altra notizia, Israele avrebbe affidato a l’Eni il mandato per esplorare a largo di Israele i giacimenti di gas naturale, una commessa importantissima per l’Eni arrivata, guarda caso, qualche giorno dopo che l’Italia si è astenuta dal firmare una tregua umanitaria su Gaza, una tregua ovviamente respinta da Israele.
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