Ci sono i particolari, che caratterizzano una partita nel bene e nel male e letteralmente rubano l’occhio: i capolavori di Chiesa quando esibisce tutto il proprio sontuoso (e tuttora sottovalutato) bagaglio tecnico in fase di conclusione, che si tratti di un esterno a incrociare verso il palo più lontano o di una conclusione da sinistra rientrando sull’interno destro con parabola che sembra sparire dalle inquadrature; oppure l’opzione esercitata da Jorginho in occasione del rigore, con il saltello alla Alberto Sordi con il quale va in controtempo su se stesso a fine rincorsa.
Ci sono poi le prestazioni da premiare, quelle che tra le tante positive si stagliano a un livello superiore per efficacia e utilità e in questo senso stasera Matteo Darmian è apparso non soltanto un laterale a tutta fascia, ma un giocatore “totale” nell’accezione olandese di metà anni Settanta.
Tutto ciò che abbiamo scritto finora, va però incasellato tra i dettagli di questa Italia-Macedonia del Nord apparsa facile – per un’ora – soltanto perché gli uomini di Spalletti l’hanno resa tale azzannando la partita sin dall’inizio. La sostanza è consistita proprio nello spartito dettato dal CT e nella pretesa intensità alla quale Barella e compagni hanno risposto senza esitazione. Gli uomini di Milevski si sono trovati davanti un pressing strategico che evolveva di continuo in predominio territoriale autorevole al punto tale da consentire gli automatismi dei cambi di gioco e una coralità offensiva per la quale gli esterni bassi non hanno avuto soltanto la funzione di appendici “aerodinamiche”, per così dire.
Se poi Acerbi devia un tiro con il costato e spiazza Donnarumma che era stato rivedibile in occasione del primo gol macedone, non si può dar certo la colpa al copione, casomai a un’interpretazione diventata più svagata soprattutto dopo gli avvicendamenti.
Fastidioso il cartellino di Zaniolo, rimediato a causa della consueta, evitabile gestualità polemica.
Questa vittoria, che torna a essere rotonda quando Jack Raspadori fa il movimento giusto nel giusto spazio, con consequenziale rasoiata verso il palo alla sinistra di Dimitrievski, deve insegnare agli Azzurri, in vista del match fondamentale contro l’Ucraina, che in ambito internazionale i ritmi non si possono concedere a nessun avversario. Null’altro si potrà più concedere, l’Italia deve averne coscienza allo stesso modo in cui può essere consapevole della propria identità. Durante quest’ultima deduzione, arriva il quinto, firmato da El Shaarawy nello stadio dove lui è di casa.