Ebbene è successo: dopo Pedro Sanchez, primo ministro spagnolo, e Henry Kissinger ex segretario di Stato USA, anche Giorgia Meloni ha subito uno scherzo telefonico da Vladimir Kuznetsov e Aleksej Stoljarov.
I due comici russi, il duo Vovan e Lexus, hanno infatti tratto in inganno la premier. Spacciandosi per un importante politico africano, i due hanno chiamato direttamente Palazzo Chigi, il 18 settembre. Ed è beffa nazionale, secondo la Repubblica, anzi: “Meloni, la beffa russa“, titola in prima pagina. Difatti, come i due abbiano sorpassato l’intero staff della Meloni non è chiaro, e la vicenda ha infuocato l’opinione pubblica, da Conte a Travaglio.
“La prima cosa da fare è ridere – ha detto quest’ultimo – sembra Totòtruffa 62 e Fantozzi contro tutti.
La cosa molto seria è che bisogna fare gli scherzi telefonici a Meloni per farle dire la verità: sulla questione ucraina c’è stata una svolta clamorosa che a noi non è mai stata comunicata“.
Ed è infatti ciò che ha detto la premier ai due comici russi che ha attirato l’attenzione.
Al centro della telefonata la situazione in Ucraina: delicatissima sia in geopolitica che in comunicazione. Soprattutto quando le opinioni provengono da un Primo Ministro. “Vedo molta stanchezza – ha detto al finto politico africano – devo dire la verità, da tutte le parti. Potremmo essere vicini al momento in cui tutti capiranno che abbiamo bisogno di una via d’uscita. Tutti capiscono che il conflitto potrebbe continuare per molti anni se non cerchiamo di trovare una via d’uscita“. Le parole della premier appaiono meno forzate da quella che Francesco Borgonovo, vicedirettore de La Verità, definisce una narrazione imposta dall’“americanamente” corretto.
“Ci sono delle situazioni – spiega Borgonovo – da cui non si può uscire con la retorica ufficiale mainstream. E questo credo che sia il caso.
È chiaro che non è che mi stupisca il fatto che i politici debbano parlare in un modo, come dire, apertis verbis e poi dietro si conducano delle altre trattative. Qual è il punto? Secondo me che era ovvio che si cercasse a livello internazionale e che si sapesse che la controffensiva ucraina non era andata bene, che si sarebbe dovuto trattare anche con Putin.
Tutte queste cose si sapevano da mesi, non da adesso, erano lì sul tavolo. Sinceramente più che sia la Meloni a fare questo discorso doppio, del resto lei è Presidente del Consiglio, esistono delle parti segrete del potere in cui tu di facciata devi dire una cosa, poi magari dietro si cambia la posizione: è molto più articolata, molto più diretta. Mi stupisce di più che siano stati alcuni analisti, giornalisti e gente del genere a fingere che tutto questo non si sapesse. A me questa vicenda conferma semplicemente un fatto, che tu come Presidente del Consiglio di una nazione sei tenuto a tenere certe posizioni a livello internazionale perché i tuoi alleati o i tuoi padroni ti obbligano a farlo“.
Dunque è retromarcia? Guai a pensarlo: la posizione sull’Ucraina della Meloni rimane quella. Tuttavia, il piano comunicativo dello scherzo telefonico ha consentito un visibile indebolimento di quelle abituali sfaccettature formalmente mainstream.