Mentre scorrono gli ultimi giri di lancetta, le tasche del commentatore sono gonfie di istantanee da spendere per sintetizzare questa partita: immagini con un potere d’acquisto più elevato rispetto alle mazzette di banconote con il faccione di Gigio Donnarumma, la cui reattività è più elevata quando le raccoglie per sincerarsi del primo piano scelto dalla Sud milanista, rispetto a quando la smanaccia verso il centro dell’area servendo la rovesciata di Leão che capovolge anche gli umori passati dal nero del triplice fischio contro l’Udinese al nero tenebra del vantaggio di Skriniar, il primo Milan ad andare in gol stasera.
Luis Enrique ha gote scavate come al solito ma, stasera, un sopracciglio arcuato alla Ancelotti, come un metaforico portico sotto il quale sfilano le istantanee che abbagliano per ognuno dei flash che fanno scattare questo 2-1 che pesa come un barcone ormeggiato ai Navigli, dove una compagnia i attesa si è data appuntamento per stappare bottiglie che neppure erano state messe in frigo.
Quando parte il cross di Theo da sinistra, Giroud decolla sopra ogni previsione milanista delle ultime ore, leggero come un aquilone sorvolando le osservazioni sull’anagrafe, per la capocciata risolutiva che è un momentaneo, ma prestigiosissimo, colpo di mortaio sopra una crisi che appariva irreversibile.
Più delle giocate, delle rovesciate, del dito di Leão che dirada la foschia dei fischi, la serata lascia l’impronta dei chilometri percorsi da Musah, principale simbolo di un Milan che ha corso e sgomitato in nome e per conto di Stefano Pioli.