Negli ultimi anni, la relazione tra gli Stati Uniti d’America e Israele ha visto anche momenti di tensioni significative. Al centro di queste tensioni c’è la figura controversa dell’ex primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu.
A partire dalla sua ascesa al potere nel 2009, Netanyahu ha instaurato una politica estera che si è spesso scontrata con quella degli Stati Uniti. Tuttavia, è importante sottolineare che le tensioni non sono nate semplicemente su questioni di politica estera, ma sono arrivate a toccare temi più profondi come la democrazia, i diritti umani e il processo di pace.
Uno dei principali motivi di sfiducia degli USA nei confronti di Netanyahu ha riguardato il continuo insediamento israeliano nei territori palestinesi occupati. Nonostante le ripetute condanne internazionali, Netanyahu ha proseguito con questo programma, provocando l’irritazione dell’amministrazione statunitense che ha visto questi atti come un ostacolo al processo di pace.
Inoltre, Netanyahu ha spesso ostacolato i tentativi di dialogo con l’Iran, uno dei nemici storici di Israele. Nonostante gli Stati Uniti abbiano cercato di stabilire un dialogo con l’Iran attraverso l’accordo sul nucleare del 2015, Netanyahu ha continuato a esercitare pressioni contro l’accordo, creando ulteriori tensioni. E le tensioni sono destinate a crescere dopo il 7 ottobre.
Una volta rigettata al mittente la proposta Abu Mazen per un futuro governo di Gaza, le fratture tra Netanyahu e gli USA possono rivelarsi ancor più profonde. “Biden vorrebbe le sue dimissioni“, secondo il docente Alessandro Orsini. Il professore di Sociologia del terrorismo alla LUISS ha spiegato ai nostri microfoni che “Netanyahu ha schiaffeggiato Blinken dopo la proposta Abu Mazen, ma anche Biden, perché ha detto che quando la guerra sarà terminata, Gaza sarà sotto il controllo assoluto di Israele“.
Ascoltate l’analisi a ‘Lavori in Corso’.
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