In relazione alla triste vicenda di Giulia Cecchettin si continua ininterrottamente a evocare la figura del patriarcato. Da più parti, in maniera incessante e ossessiva, si va ripetendo che il patriarcato è la causa primissima di questo delitto abominevole che deve essere condannato e di cui le cause debbono appunto essere ravvisate nella società patriarcale. Ora, bisogna essere precisi su questo tema per evitare che la retorica ideologica prenda il sopravvento. Diciamolo allora apertamente e senza infingimenti. Sarebbe colpa del patriarcato, forse, se fossimo negli anni ’30 o ’40, cioè quando il patriarcato esisteva. Ma dato che siamo nel 2023, la colpa, come subito chiarirò, non può essere assegnata al patriarcato. E non può essere assegnata al patriarcato per il semplice fatto che il patriarcato non esiste più.
Dagli anni ’60 del secolo breve, infatti, il capitalismo ha del tutto abbandonato la forma patriarcale e repressiva su cui precedentemente si fondava. l’ha abbandonata per passare a una nuova figura non meno repressiva e oppressiva, quella del capitalismo di consumo liberal progressista. Il capitalismo di consumo liberal progressista, come mirabilmente ha mostrato Pierpaolo Pasolini, non si fonda sulla forza repressiva del maschio e del padre, al contrario si regge sull’indebolimento di ogni legame e sull’annichilimento della figura del padre in quanto simbolo della legge. Il capitalismo liberal progressista di libero consumo e di libero costume è per sua assenza anomico, deregolamentato e dunque senza padri, abitato solo da eterni bambini in cerca del godimento.
Il vecchio capitalismo, quello borghese, autoritario, si fondava sulla figura del patriarcato, ossia su una figura parossistica di padre, il padre padrone, quello che a livello politico nel primo novecento si è incarnato nelle figure dei grandi dittatori che hanno seminato orrori ed errori di varia natura. Ebbene questa figura del padre, questa figura del patriarcato, questa figura dell’autorità che diviene eccessiva e che stritola la libertà ha smesso di essere fondativa del capitalismo, dacché il capitalismo dagli anni ’60 ha mutato registro. E’ divenuto capitalismo permissivo e lasco, incardinato sulla figura del libero consumatore senza super-ego e dunque senza legge, senza padre.
La nuova figura del capitalismo non è più quella del patriarcato, ma è quella opposta dell’assenza del padre. Siamo passati da un opposto a un altro, dalla figura del padre esasperato, oppressivo e repressivo, alla figura dell’assenza integrale del padre, quella che Lacan definisce l’evaporazione del padre. In questo, e non certo nel patriarcato, devono allora essere cercate le radici dei crimini di cui tanto si discute in questi giorni. crimini che a ben vedere affondano le loro radici non nella presenza di un padre forte e repressivo, ma al contrario nell’assenza integrale del padre dalla quale scaturisce l’assenza della legge e dunque la concezione della libertà puberale come variazione infinita di un solo tema. Abbattere il limite, devastare il tabù, rovesciare la legge. Quando l’individuo desiderante, senza padre, incontra di fronte a sé degli ostacoli, dei limiti o semplicemente un no, ecco che allora impone, costi quel che costi, il suo desiderio, con effetti tragici come quelli che abbiamo visto in questi giorni. Ma questi effetti, appunto, sono figli dell’assenza del padre, non certo del patriarcato non più esistente. Radioattività con Diego Fusaro