Un grande, grandissimo segnale giunge in questi giorni dai portuali, segnatamente dai portuali di Genova, Barcellona e Sydney. Ebbene, i lavoratori del porto si sono categoricamente rifiutati di imbarcare le armi destinate a Israele. Una scelta coraggiosa e dignitosa che rivela una volta di più come la classe lavoratrice possa essere realmente ancora oggi il vettore dell’emancipazione e dell’insurrezione ragionata contro il capitalismo e contro quella sua funzione fondamentale che è l’imperialismo.
I portuali sanno benissimo che le armi inviate a Israele vengono impiegate con un solo scopo, massacrare senza pietà i civili di Gaza, come peraltro sta avvenendo ininterrottamente in questi giorni, dove, lo ricordiamo, si contano circa 400 e più bambini morti o feriti a Gaza. Quello dei portuali, dunque, è un gesto chiaramente politico, di pieno sostegno al popolo palestinese e di ugualmente piena condanna dell’imperialismo di Israele. Imperialismo che, come sappiamo, usa la categoria di diritto di Israele di difendersi per giustificare l’ingiustificabile, più precisamente per condurre veri e propri massacri organizzati ai danni della popolazione di Gaza.
Oltretutto Israele già da tempo chiama senza ritegno lotta al terrorismo la strage di innocenti, donne, anziani e bambini a Gaza come se tutti i civili senza distinzione fossero terroristi. Dei portuali ci segnala una volta di più come la sola possibilità di emancipazione, posto che ve ne sia una reale, è offerta dalle classi lavoratrici, da coloro i quali vivono sulla propria carne viva la contraddizione del rapporto di forza capitalistico. Non è la prima volta in vero che i portuali in questi anni hanno riservato delle sorprese importanti e massimamente degne di rispetto.
Ricorderete senz’altro le vicende dei portuali di Trieste, in prima linea nel contrapporsi alla pratica dell’infame tessera verde della discriminazione, del controllo biopolitico e della guerra civile generata non per caso in basso tra gli ultimi. Ebbene, ancora una volta sono i portuali a dare un segnale fondamentale, quello secondo cui resistere è possibile e insieme doveroso. E per farlo occorre compiere gesti molto semplici e al tempo stesso fondamentali, come quello compiuto in questi giorni dai portuali.
Dire di no all’imperialismo di Israele, non prestare il proprio consenso a operazioni che, con le loro conseguenze, sono necessariamente nefaste. I portuali si sono rifiutati di caricare le armi destinate a Israele e con questo gesto semplice, quello di chi interrompe l’azione, di chi si rifiuta di agire, di fare quello che gli viene chiesto di fare, fa valere una forma di contrapposizione radicale all’ordine esistente. perché questo è il gesto fondamentale della critica sia teorica sia pratica dire di no come insegna la vicenda di Bartleby lo scrivano descritto in un celebre testo di Melville dire di no I would prefer not to come dice Bartleby lo scrivano dire di no al potere saper mantenere uno spazio critico di riflessione di opposizione lo spazio di chi riesce a opporsi perché comprende la necessità del dire di no Questo è quello che hanno fatto i portuali ed è per questo che dobbiamo celebrarne con orgoglio l’azione, che sia di insegnamento per tutti noi.
Dire di no è possibile, di più dire di no è doveroso
Radioattività-Lampi del pensiero quotidiano con Diego Fusaro