Su La Repubblica compare una notizia: “L’ambasciata russa di Roma nel mirino dell’intelligence: prelevati 4 milioni in contanti, allarme della Banca d’Italia”. Una notizia che se pubblicata, si ipotizza, avrà al suo interno un qualche tipo di informazione.
Ma all’interno dell’articolo l’ipotesi giudicata “più credibile” è della testata: quei soldi prelevati potrebbero essere serviti per una “complessa strategia che si poggia sull’informazione: riceverne e veicolarla”. Una linea, quella della possibile corruzione e manipolazione russa, che la Repubblica sceglie di approfondire, lasciando velocemente e freneticamente invece l’opzione “innocente”. Infatti, prima dell’ipotesi principale sostenuta dal quotidiano si precisa che che c’è “l’opzione debole”. I soldi potrebbero essere invece serviti, da amministrazione, per pagare i dipendenti: 100 mila euro prelevati di volta in volta.
“Come dire che: ‘Ho preso un coltello, ci posso tagliare melanzane, ma ci posso pure ammazzare una persona“, commenta Fabio Duranti.
“Mia mamma è stata un funzionario diplomatico e si occupava proprio di questo“: in sostanza, spiega Duranti, il funzionario o il delegato si preoccupano di pagare gli addetti ai lavori. Un lavoretto di normale amministrazione per cui però il quotidiano ha voluto approfondire, ma a tastoni. “Perché una cosa del genere deve finire sui giornali? Capite quindi come la propaganda funziona?
Tu insinui e lo pubblichi a nove colonne sul giornale“.