Cinque bambini in un cortile scolastico, ma a qualche metro di distanza uno dall’altro.
E’ un’immagine esemplificativa dell’ipocrisia di chi a distanza di pochi anni vuole tornare a parlare di “distanze”, ma in due diversi significati.
L’ipocrisia si manifesta così: se dal punto di vista fisico solo poco tempo fa eravamo tutti obbligati a mantenere quel fatidico metro di distanza, ora dal punto di vista emotivo qualcuno vuole avvicinarci. Due situazioni diverse, ma che rappresentano due diversi metodi di approccio. Siamo poi così sicuri che sia più efficace l’avvicinamento affettivo nei piani UE e OMS che meno dannoso quel distanziamento fisico-sociale? Se da una parte intervenire sulla scuola per insegnare il gender o il “rispetto” non trova molti riconoscimenti che lo certificano come metodo efficace, dall’altra gli studi sui danni da lockdown e simili ci sono. Come poi dice Alberto Contri, l’introduzione di tali materie porterebbe con sé probabilmente il rischio che diventino una “educazione civica 2.0”: ore di lezione spesso semplicemente buttate lì. Come se il serio studio, e il diritto a esso, non fosse già stato ostacolato abbastanza ai tempi della DAD.
La vignetta che Fabio Duranti mostra in diretta fa ridere ma anche riflettere.
Il commento di Contri e Frajese a Un Giorno Speciale.