Una, due, tre stelle Michelin: l’encomio riservato al mondo della ristorazione è ormai diventato negli anni il riconoscimento principale al lavoro degli chef. Ma la stella Michelin non è certo per tutti: solo chi riesce a far “volare” le persone verso il proprio ristorante può guadagnarsi tale riconoscimento. Solo in Italia siamo a 10 stelle in più rispetto allo scorso anno. Il totale?
395 stelle Michelin, solo nel Bel Paese: 342 ristoranti sono “monostellati”, 40 ne hanno due, 13 ne hanno ottenute tre (il massimo).
Ma come avviene la procedura di assegnazione? Chi le assegna? Quali sono i criteri per ottenerne qualcuna?
Queste e altre domande sono state rivolte in diretta a Show Food a Marco Do, Direttore della Comunicazione e Relazioni Esterne di Guida Michelin Italia.
Si possono ottenere due stelle Michelin in una volta?
“Sì, un caso è quello del ristorante di uno chef che aveva già una vecchia “conoscenza” di Michelin, chef Mammoliti. Aveva già due stelle, ha riaperto e nella sua riapertura è stato in grado di “confermare”, perché comunque ogni volta che si riapre un ristorante si parte da zero, il conoscente non si porta dietro le stelle.
L’altro invece è un ristorante di Milano che si affaccia invece per la prima volta sulla scena. Viene intercettato dai nostri ispettori, il ristorante Verso, sono i due fratelli che hanno catturato l’attenzione degli ispettori al punto tale da fargli dare due stelle. Nella leggenda della Guida Michelin vuol dire che noi consigliamo al nostro lettore viaggiatore che quel ristorante merita una deviazione rispetto al viaggio che sta facendo”
Quali sono i criteri per l’assegnazione di una, due o tre stelle Michelin?
“I criteri sulla base della quale vengono valutati i ristoranti sono gli stessi per tutti. Ci si focalizza sul piatto sulla base di parametri che sono la qualità delle materie prime, la capacità dello chef di trasformarle, quindi la padronanza delle tecniche di cottura. Poi la personalità dello chef, quindi la capacità di proporre delle ricette, dei piatti in carta che siano rappresentativi della sua personalità: la firma.
Un altro criterio molto importante è quello della continuità nel tempo, quindi essere capace di mantenere questo livello da stella, da due stelle, da tre stelle, per tutto il pasto e per tutto il periodo dell’anno e per più anni.
Sulla base di questi criteri qui poi c’è il livello della prima stella, delle due stelle, delle tre stelle, ma non sono codificati.
Il Due stelle è un passo successivo ma significativamente diverso rispetto al precedente sulla base dei criteri che ho descritto tenendo a mente anche dell’impegno che noi prendiamo come dicevo prima con il lettore, con chi viaggia. Una stella vuol dire un miglior ristorante, un ristorante che merita una tappa. 2 stelle è un ristorante che merita una deviazione rispetto a un viaggio che uno sta facendo.
Vuol dire che c’è effettivamente qualcosa di diverso rispetto a un ristorante con una stella: noi consigliamo al viaggiatore di fare una deviazione per andare a mangiare in quel ristorante perché merita, vale la pena.
3 stelle significa che vale il viaggio: noi dicamo al lettore di organizzare un viaggio per andare a provare quel ristorante.
Non si tratta quindi di punteggi che si ottengono automaticamente: il nostro è un impegno che noi prendiamo col viaggiatore.
La Guida Michelin non è un’edizione di critica gastronomica. La Guida valuta il ristorante e lo fa come un cliente qualunque.
Infatti i nostri ispettori lavorano in forma anonima e provano i ristoranti, quindi in questo senso non siamo una critica gastronomica ma siamo una guida”.
Influisce anche il servizio nell’assegnazione della stella Michelin?
“No, la stella è veramente soltanto concentrata sul piatto, su come si mangia. Dopodiché il servizio viene valutato e raccontato in Guida con dei pittogrammi, dei simboli diversi, che sono coltelli e forchette incrociati fino a 4 in funzione della qualità del servizio.
Sono due valutazioni, due parametri completamente distinti che non si influenzano nella valutazione uno con l’altro”.
Come agiscono gli ispettori?
“I nostri ispettori prenotano il ristorante in forma anonima, ma lo fanno non perché vogliono fare un tendere un’imboscata allo chef, ma che vogliono provare il ristorante come lo prova il cliente. Se nel momento in cui si è a tavola, lo chef o il personale di sala ha l’intuizione, ritiene che ci sia un’ispezione di una Guida in corso, si crea una certa tensione, perché comunque ritengono di essere sotto giudizio.
Quindi questo alla lunga poi finisce per condizionare anche il modo di lavorare della brigata. Per convenienza di tutti si cerca di mantenere l’anonimato in modo tale che ognuno fa la sua parte in modo sereno e rilassato. Quindi nessuna imboscata, nessun tentativo di cogliere di sorpresa, ma solo il poter lavorare tutti nelle condizioni migliori senza tensioni”.