Questa notte si è conclusa la COP 28, una grande riunione di rappresentanti delle nazioni di tutto il mondo, più gli esperti, i lobbisti e altri, sul clima. Nella notte, dopo lunghe discussioni, si è firmato un accordo che qualcuno definisce “storico”. Cioè per la prima volta a Dubai si firma un testo che sostanzialmente prevede l’abbandono graduale del petrolio entro il 2050, azzeramento delle emissioni di CO2.
Un cambiamento imposto dall’alto che preoccupa. Perché? Perché è un cambiamento imposto dall’alto che non ha ancora un mercato sostitutivo a quello del fossile. Bisognerà potenziare le rinnovabili, fare dei cambiamenti radicali, ovviamente scegliere l’auto elettrica, cambiare tutte le forme di riscaldamento: è un cambiamento radicale del nostro stile di vita. Detto questo mi preoccupa l’impatto che avrà sui cittadini, perché il punto poi di questa transizione energetica è sempre lì: chi pagherà?
Grandissimi problemi ce li hanno i cosiddetti “paesi in via di sviluppo”. Ed è lì che si pone il nodo della questione, perché per esempio l’Africa è un continente dove la questione delle missioni è abbastanza presente. Qual è la grande azienda disposta a mettersi lì a investire in tecnologie verdi in Africa, in nazioni che non hanno alcuna stabilità politica? Qui c’è una parte del mondo che continua a emettere CO2 anche a ritmi sostenuti. Ma non basta per loro. Basta invece l’emissione dell’Africa a vanificare sostanzialmente lo “sforzo” occidentale, uno sforzo occidentale che poi temo finisca per ricadere sulle spalle dei singoli cittadini.