Varrà sempre più del risultato sul tabellino o, nella fattispecie, di un passaggio di turno. Era vero, questo concetto, persino ai tempi della Roma di Capello e della Lazio di Eriksson, quando però c’era anche altro e di più prestigioso a cui pensare, figurarsi ora che lo snodo di Coppa Italia può essere decisivo quantomeno per gli umori e per…gli amori, parlando di ipotetica prosecuzione di determinati rapporti contrattuali, forse pensando non soltanto a Mourinho. Siamo certi che condizionerà la partita seguente di Lazio e Roma, in un modo o nell’altro; siamo certi che la pressione sotto la quale le due squadre – e le due società – scendono in campo non è limitata a quella di un quarto di finale della Coppa nazionale.
Data questa premessa, è abbastanza preventivabile che tra i più decisivi in campo ci saranno i centrocampisti, ipoteticamente i Rovella e i Vecino da una parte, i Bove e i Paredes (Pellegrini vediamo) dall’altra. Questa analisi preventiva, che gli episodi, anche disciplinari, potrebbero frantumare in qualche giro di lancetta, se ne porta appresso un’altra, consequenziale: probabilmente faremo tardi, stasera, anche se si comincia alle 18, un motivo in più per stare con noi su Radio Radio prima, durante e dopo.
Un concetto, però, a suo modo rivoluzionario, vorremmo veicolarlo, se possibile: se smettessimo di considerare l’attenzione per il derby un dato culturale della città e dei suoi umori, invece che un atteggiamento provinciale, come viene spesso definito con snobismo, ci accorgeremmo che Roma, calcisticamente parlando, vale più di quello che la città pensa di se stessa.