C’è stato un tentativo sull’acciaio, il tentativo di rilanciare Acciaierie d’Italia, la Ex llva, attraverso l’incremento della quota di Invitalia, che è la società pubblica partecipata dal MEF, Ministero d’Economia e Finanza, dal 38% al 60%. Un piano che fu originariamente formulato più di quattro anni fa, nel dicembre del 2020, e oggi ritorna prepotentemente in scena. Inizialmente fu concordato con ArcelorMittal e allora l’ex premier italiano Giuseppe Conte, e prevedeva anche una successiva transizione di maggioranza a favore appunto di Invitalia. Ebbene, nonostante questa intesa non sia stata mai attuata, la proposta di aumentare la quota di Invitalia è ora considerata probabilmente una soluzione preferibile rispetto alle ipotesi alternative che rimarrebbero, cioè l’amministrazione straordinaria oppure l’iniezione di nuove quote societarie, cioè di nuove risorse di capitale. Attualmente abbiamo il 62% di ArcelorMittal il 38% di Invitalia.
La difficile situazione di Acciaierie d’Italia, appunto Ex Ilva, che ha mancato gli obiettivi di produzione, contribuisce a questa incertezza su questa materia italiana, perché il gigante dell’acciaio è in difficoltà, la cassa integrazione per i lavoratori è diventata la norma, spesso avviata senza preavviso. Politicamente le decisioni sull’Ilva devono essere prese, perché ritardare delle decisioni qualunque esse siano in un senso o nell’altro sull’Ilva, danneggia complessivamente la manifattura italiana, mettendo in discussione anche la sua importanza strategica.
Io credo che questa triste storia dell’Ilva, che è una storia che si trascina ormai da decenni, è veramente il sintomo del fatto che abbiamo perso la cultura economica nel nostro Paese, una vera politica, che sia una vera politica ambientale, di tutela dell’essere umano e nello stesso tempo di tutela del territorio, di tutela dell’economia e anche di tutela delle imprese. Sono argomenti talmente complessi, che richiedono grande saggezza, grande equilibrio e a quanto pare negli ultimi 20-30 anni ne abbiamo visto davvero poco. Forse veramente è il caso di cambiare rotta.
Malvezzi quotidiani – L’economia umanistica spiegata bene