Non è certo la prima volta, nella storia della Roma, in cui il club e il suo pubblico si trovano nella condizione di dover ricominciare da zero, o quasi, a metà stagione. Oggi, però, contro un Verona invischiatissimo nei bassifondi della classifica, si consumerà in ogni caso un pomeriggio epocale allo Stadio Olimpico.
Oggi un cuore non basta, al pubblico della Roma, contemplando pure le varie correnti di pensiero. Oggi servono due cuori, ai romanisti presenti allo stadio e non solo a loro: uno per dare il benvenuto e il bentornato a un figlio prediletto, che non ha esitato a dire sì a una chiamata per la quale le incognite sopravanzano di tanto i benefici, almeno in partenza; l’altro per far comprendere il malumore, per i modi e i tempi che la dirigenza ha adoperato nei confronti di José Mourinho. Non tanto per la decisione in sé, che una parte di ragione l’aveva già acquisita, quanto per modi e tempi, ripetiamo.
In mezzo, navigando in acque tatticamente sconosciute o inedite, starà la partita, con la Roma che dovrà essere brava a isolarsi da un clima iniziale di tensione (capiremo se di contestazione vera e propria) prima e a dare modo al pubblico di sostenerla, dopo. Sempre ricordando che il popolo della Roma deve ancora smaltire il risentimento dovuto a un particolare ragionamento: dopo essere stato descritto come un popolo di “fregnoni” perché secondo qualcuno si è sempre lasciato abbindolare dalla prosopopea di Mourinho, ora potrebbe pensare di essere stato nuovamente considerato tale anche da chi ha scelto un totem come De Rossi proprio per placarne gli umori.