Si stanno nuovamente avvicinando le elezioni politiche europee e a Bruxelles l’agitazione è palpabile.
Un po’ simile agli ultimi giorni di Pompei. Il 9 giugno infatti potrebbe scuotere le fondamenta di futuri possibili cambiamenti e al centro dell’attenzione si pone il tema del patto di stabilità. patto di stabilità e crescita, del quale io ho già parlato tante volte in questi anni, oggetto di discussione tra il Consiglio dei Ministri UE, il Parlamento Europeo e la Commissione.
Le posizioni sono completamente divergenti, come evidenziato anche in un recente documento riservato, e queste posizioni delineano scenari contrastanti sull’andamento del deficit e del debito italiano. Il confronto tra l’Europarlamento e il Consiglio sottolinea una sfida sulla tempistica e sulla sostanza delle trattative. La lunghezza, insomma, del periodo di aggiustamento cruciale per l’Italia evidenzia delle differenze significative tra le proposte con delle implicazioni finanziarie molto rilevanti anche per il nostro Paese.
Ad esempio, il piano a quattro anni potrebbe richiedere all’Italia tagli alle spese e aumenti alle tasse. Sì, avete capito bene. Tagliare i servizi e aumentare le tasse.
Questo chiede all’Italia e all’Europa. per oltre aggiuntivi 10 miliardi di euro, insomma come se la distruzione del nostro paese degli ultimi 30 anni non fosse già abbastanza. Questa vicenda evidenzia la complessità e la delicatezza delle trattative europee dove ogni decisione può avere un impatto significativo sulle finanze e sul futuro dei singoli Stati membri e la questione non è soltanto di tipo finanziario.
Ma è politica sul ruolo e sulla responsabilità delle istituzioni europee nel definire le politiche economiche e fiscali che possono davvero favorire crescita e stabilità dei Paesi membri, al di là di frasi vuote di circostanza che sentiamo da 30 anni. La mia idea è che ormai questa impalcatura stia lentamente scricchiolando. Io penso che prima o poi cadrà e verrà ricordata come un periodo buio e triste della nostra storia.
Avere preso la strada dell’euro è stata una scelta ideologica di tipo bancaria che non è stata seguita da una coesione politica di nessun genere. Dire ai paesi che bisogna tagliare le spese, cioè i servizi, cioè i motivi per cui gli stati esistono e aumentare le tasse ulteriormente alla pressione fiscale sui cittadini e sulle imprese è semplicemente di una miopia straordinaria, come se non bastasse la distruzione dello stato sociale avvenuto negli ultimi 30 anni e la completa sfiducia che i cittadini e soprattutto gli imprenditori e i professionisti ormai hanno.
Malvezzi Quotidiani – L’economia umanistica spiegata bene con Valerio Malvezzi