Quanto accaduto nel cantiere di Esselunga con 5 operai che hanno perso la vita, ha rimesso al centro l’attenzione sulle morti sul lavoro, in Italia un fenomeno che non trova argini o soluzioni. Una delle idee che circolano è che il salario minimo, se introdotto, possa migliorare la qualità e le garanzie dei lavoratori italiani. Sul tema Francesco Borgonovo nel corso di Punto e Accapo ha posto il tema al suo ospite Savino Balzano: “Pensi che se ci fosse il salario minimo in questi casi si eviterebbe il fatto di avere i subappalti sempre a ribasso? Uno dice se ci fosse il salario minimo la questione sarebbe risolta, perché dovrebbero comunque pagare i dipendenti una certa cifra e quindi non potrebbero abbassare più di tanto il livello“.
La risposta di Balzano è uno spaccato molto crudo del mondo del lavoro odierno nel nostro Paese: “Se hanno un contratto regolare. E se li assumono in nero? Ora vi racconto questa che secondo me alla radio e in televisione non l’avete mai sentita, perché purtroppo in questo paese chi parla e chi scrive di lavoro non ha mai parlato con una lavoratrice o un lavoratore. Voi avete una lavoratrice o un lavoratore che hanno una busta paga in regola, col contratto collettivo nazionale, tutto a posto, gli viene versato quanto previsto dalle retribuzioni tabellari e gli viene versato con assegno bancario o con bonifico, quindi tutto tracciabile, tutto perfettamente in regola. Il 27 vanno a prendere lo stipendio, mettiamo che percepiscono 1.300-1.400 euro, appena escono dalla banca hanno il dovere di restituire 300-400 euro in contanti al datore di lavoro. Sappiate che in alcune parti del Paese questa cosa è diffusissima, non ne parla nessuno, ma è diffusissimo.
Questo perché ve lo dico? Perché esattamente come il caso dei morti sul lavoro, intervenire sulla dimensione sovrastrutturale, ossia sulle regole, può essere utile. Ma se tu non intervieni sulla struttura, cioè sul mercato del lavoro, restituendo potere contrattuale alle persone, tu il problema non lo risolverai mai. Quando in questo Paese le retribuzioni galoppavano, i lavoratori, erano nelle condizioni di pretendere il rispetto delle norme, disdettavano ogni sei mesi i contratti e chiedevano gli aumenti ogni sei mesi. Confindustria pregava per avere la pace sindacale, perché venissero rispettate le date di scadenza dei contratti, invece i lavoratori continuavano a disdettarli per chiedere ulteriori rinnovi. In questo Paese a un certo punto si parlava di pansindacalismo, cioè i lavoratori avevano una forza contrattuale così forte che riuscivano a entrare nel merito di tutte le questioni che riguardavano la vita pubblica. Qualcuno arrivò addirittura a parlare di Stato sindacale, cioè una forma di Stato che stava debordando in una specie di dittatura del proletariato, per quanto era forte negli anni ’70 il potere contrattuale dei lavoratori in questo Paese.
Che cosa è successo? Allora non c’era una legge sul salario minimo legale. non esisteva. Allora tu la legge sul salario minimo legale, se la introduci in quel contesto, può anche essere utile perché è uno slancio, funziona da slancio. Se la introduci invece in un contesto nel quale, come quello in cui siamo oggi, hai una debolezza strutturale del mondo del lavoro, quella legge sul salario minimo legale rischia di diventare una zavorra”.