ll grande inganno del “New deal green” significa tortura per gli agricoltori: ribellarsi è un dovere

Lasciate che io provi a spiegarvi celermente e in parole semplicissime perché gli agricoltori hanno tutte le sacrosante ragioni di questo mondo per protestare, come stanno facendo, contro l’Unione Europea e il suo delirante New Deal verde, come anche è stato definito. Intanto non sfugga il nome squisitamente orwelliano che è stato scelto per l’operazione. New Deal, come sapete, fu la manovra espensiva e keynesiana attuata da Roosevelt dopo la crisi del 1929.
Manovra espansiva e keynesiana mediante la quale Roosevelt rilanciò l’economia aiutando i ceti più deboli a ciò che essi tornassero a essere nelle condizioni per poter consumare e far procedere l’economia stessa. Ed è esattamente il contrario di ciò che fa l’Unione Europea, la quale, come sapete, alla crisi del 2007, per molti versi simile a quella del 1929, ha risposto con manovre di segno opposto rispetto a quelle del New Deal. Ha imposto l’austerità depressiva, che per l’occasione venne chiamata in maniera orwelliana austerità espansiva, che è un po’ come dire acqua asciutta.

Ancora, l’Unione Europea nel 2007 e seguenti salvò le banche in difficoltà a scapito dei lavoratori e dei ceti medi a cui di fatto fu fatta pagare la crisi. Ebbene, gli agricoltori hanno tutte le sacrosante ragioni oggi di protestare per un motivo soprattutto. In nome della transizione ecologica, questo dice il New Deal Green, l’Unione Europea impone loro delle fortissime limitazioni.
Rende decisamente più difficile la loro produzione o addirittura in tal unico caso finisce per impedirla. Pensate anche solo al caso degli agricoltori dell’Emilia-Romagna, ove si è già pensato di finanziare gli agricoltori stessi a ciò che lasciano incolta la loro terra. In compenso l’Unione Europea, che come ricordavo impone le misure del New Deal verde, lascia trionfare il competitivismo globale e fa sì che dunque prodotti coltivati senza alcun rispetto per l’ambiente nelle zone più remote del mondo come l’India giungano poi in Europa a basso costo e dunque affossino il lavoro degli agricoltori europei e inoltre riempiano l’Europa stessa di prodotti di dubbia qualità.

Insomma, una vera e propria tragedia non soltanto per gli agricoltori, ma, diciamolo pure, anche per i cittadini comuni. Già solo questo aspetto, unito poi ai moltissimi altri per cui protestano, basta far capire perché gli agricoltori hanno pienamente ragione e debbono essere supportati. La loro è una battaglia giusta, è una battaglia per il lavoro e per la civiltà, è una battaglia in nome della terra.
Direi che perfettamente incarna lo scontro epocale già delineato da Carl Schmitt tra la terra e il mare, tra il nomos della terra e le potenze talassiche della finanza apatride e delocalizzata. La terra, la zolla di cui diceva Hegel, rappresenta le radici, la cultura, il nomos, le lingue, le identità. Il mare della finanza invece rappresenta la volatilità dei capitali no border, l’assenza di fondamento, lo scorrimento illimitato, la liquidità planetarizzata.

Per questo lo ripetiamo ancora una volta, e ugualmente in maniera convinta. Agricoltori di tutti i paesi, unitevi!

Radioattività – Lampi del pensiero quotidiano con Diego Fusaro