Combattere l’infodemia? Facile a parole, ma nei fatti quella che viene venduta come una stretta sacrosanta rischia di diventare un pericoloso boomerang contro la consapevolezza del cittadino.
E’ così che possiamo riassumere gli orientamenti pubblicati dalla Commissione Europea in data 26 maggio 2021: “Dobbiamo contenere l’infodemia e la diffusione di informazioni false che mettono in pericolo la vita delle persone. La disinformazione non può continuare ad essere fonte di reddito“, dice il già Commissario per il mercato Interno Thierry Breton, “abbiamo bisogno di impegni più rigorosi da parte delle piattaforme online, dell’intero sistema pubblicitario e della rete di verificatori di fatti“. Tutto bello e giusto, ma solo all’apparenza.
Poi i fatti parlano di colossi residenti all’estero che censurano canali per aver riportato ad esempio le parole del premio Nobel Luc Montagnier sul coronavirus.
La censura però non è in stile anni ’40: tra shadowban e demonetizzazione le tecniche per zittire le fonti indipendenti si sono fatte sempre più sofisticate, in modo da rendere la censura “morbida” e più silente.
Così, col silenziatore sull’arma, i colossi della Sylicon Valley hanno continuato a censurare con sempre maggior frequenza negli ultimi tre anni: il caso più recente è quello del convegno tenuto a Bassano del Grappa dall’On. Sergio Berlato, eurodeputato.
Dove andiamo? E come combattere questa deriva?
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