“La gente dà sempre buoni consigli quando non può più dare il cattivo esempio“. Era una canzone di un italiano.
E oggi arrivano tutti a darci consigli.
Secondo quello che ci dice il Sole 24 Ore, l’Italia non potrebbe ignorare l’opportunità offerta dal Next Generation dell’Unione Europea, cioè il piano comunitario integrato nel nostro Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. E arriva un economista, Jeremy Rifkin, che ha lanciato un monito chiaro: “Sfruttate questi soldi per sviluppare idee innovative, altrimenti li perderete per sempre”.
Le sue parole, pronunciate durante un evento a Milano, sottolineano, a suo dire, l’importanza di un approccio attivo alla cosiddetta “transizione ecologica”. Il tutto supportato dai cosiddetti fondi europei. Apertis verbis: sono soldi nostri. Ve lo spiego da anni, ma lasciamo perdere.
Sebbene la direzione verde di Bruxelles possa vacillare dopo le elezioni di giugno, speriamo, Rifkin sottolinea l’importanza del cambiamento verso dei modelli di produzione cosiddetti “sostenibili” e quindi invita l’Italia a unirsi attivamente a questa transizione data la sua assegnazione di oltre 200 miliardi di euro, la più consistente nell’Unione Europea. Questo Rifkin esorta quindi a un’azione immediata coinvolgendo università, docenti, ricercatori. Ovviamente non parla di imprenditori perché questi non contano nulla nelle opinioni di chi studia sui libri.
L’ottimismo si basa sul cambiamento di paradigma, dalla geopolitica, alla politica, alle biosfere, dalla dimensione alla globalizzazione, al glocal. Si sono inventati queste nuove parole.
In un mondo che evolve, insomma, adattarsi diventa una necessità. Piccolo problema che questo economista americano dimentica: peccato che i fondi dell’Unione Europea sono in realtà finanziati da chi? Da voi, cioè dai contribuenti italiani e parte di essi sono forma di finanziamenti, cioè di debiti, contratti dall’Unione Europea verso il sistema finanziario e quindi vanno rimborsati.
Il problema è che una parte di questi ritorna sotto forma di finanziamenti a noi che vengono impiegati in progetti che sono discutibili e condizionati da riforme controverse.
Allora bisognerebbe ricordare all’amico Rifkin, l’americano che viene qui a dare buoni consigli, che sarebbe più opportuno per seguire una riforma interna canalizzando i finanziamenti in settori che realmente favoriscono lo sviluppo del nostro paese e promuovendo una partecipazione attiva per influenzare il cambiamento dall’interno del nostro paese.
Non faccio ulteriori commenti perché non voglio pensare male dell’economista Rifkin, mi limito semplicemente a dire che un paese libero è quello che decide per sé, non ha bisogno né di cattivi esempi né di buoni consigli.
Malvezzi Quotidiani, comprendere l’economia umanistica con Valerio Malvezzi