La vittoria della Russia non è una vittoria certa, ma i numeri parlano chiaro. Secondo la CNN Putin sarebbe in netto vantaggio: Mosca avrebbe prodotto circa 3 milioni di armi all’anno, mentre Stati Uniti e Europa solamente 1,5 milioni. Il destino della guerra si giocherà su una scacchiera che dipenderà in parte, anche dal futuro degli Stati Uniti. Le elezioni saranno decisive e potranno decidere il futuro della guerra tra Russia e Ucraina. Non può essere un caso infatti se Viktor Orbán ha recentemente definito Trump come un “uomo di pace”. Forse, un appellativo un pò esagerato ma emblematico del fatto che al contrario di Biden, Trump sarebbe decisamente contrario a continuare la guerra sul confine ucraino. Un’ambizione che forse potrebbe non essere una coincidenza, ma rappresentare un disegno di politica estera statunitense molto più ampio.
“Trump è il Rappresentante di alcuni settori dello Stato permanente, che ambiscono a ricentrare l’egemonia statunitense su nuove basi. Ai loro occhi il declino degli Stati Uniti è manifesto e mantenere il dispiegamento delle forze attuali non è più sostenibile: quindi occorre delegare. Per esempio, portare a termine Gli accordi di Abramo, che implicavano la normalizzazione dei rapporti tra Israele e le monarchie sunnite del Golfo Persico. Quindi la creazione di una sorta di NATO mediorientale e anti-iraniana, che assumesse su di se gli oneri collegati al mantenimento dell’egemonia occidentale sul mondo. Gli Stati Uniti vorrebbero applicare uno scenario analogo all’Europa, la quale dovrebbe farsi carico della gestione del fronte russo. Gli USA hanno l’esigenza di delegare, perché vogliono impiegare le loro risorse sul fronte primario: contro la Cina. Lei è l’avversario da sconfiggere e per la politica statunitense, tutte le risorse militari vanno utilizzate in questa direzione” commenta Giacomo Gabellini – Saggista e Ricercatore Indipendente.
“Paradossalmente nell’ottica di Trump la Russia poteva essere anche una potenziale alleata. Secondo Trump la strategia doveva essere quella di recuperare la Russia, in funzione anti-cinese. Ci sono anche dei settori predominanti dello stato permanente, che si oppongono a questa visione e non contemplano il disimpegno della guerra in Europa o in Medioriente. Da questo punto di vista le dimissioni di Victoria Nuland pochi mesi prima delle elezioni, sono significative: trattandosi di un personaggio che ha contribuito ad affossare i rapporti tra Stati Uniti e Russia. Ormai gli Stati Uniti si preoccupano di quello che succede all’esterno più di quello che accade al loro interno, e la popolazione ne è ben conscia. Un esempio lampante è il contrasto all’immigrazione illegale”
“Gli Stati Uniti stanno affrontando una fase di divisione interna molto più ampia. L’opinione pubblica statunitense si è più volte fratturata, su temi di tipo socioeconomico, etnico o etico come l’aborto. Il pronunciamento della Corte Suprema che delegava ai singoli Stati federati la regolazione di questa questione è un punto molto spinoso, perché può portare gli Stati del Sud a vietarlo e quelli del Nord a legalizzarlo. Una frattura che può diventare simile a quella della Guerra di Secessione. Il paese è fratturato in due, da un lato la parte di Wall Street e Silicon Valley che vive di finanza e tecnologia, dall’altro la parte del paese che vive di agricoltura e ha complessi industriali dismessi“.