Ora i professionisti dell’informazione scalpitano più livorosi che mai. Gli amministratori del consenso, i guardiani della caverna platonica, i monopolisti dell’ordine discorsivo sono in subbuglio. E sono in subbuglio anche in ragione del fatto che a maggio Vladimir Putin, che ha appena vinto, anzi stravinto, le elezioni in Russia, andrà in visita in Cina da Xi Jinping.
A quanto pare, infatti, i rapporti tra il dragone cinese e l’orso russo vanno rafforzandosi sempre più. e quella che in origine fu definita una cordiale intesa tra Russia e Cina, si sta modellando nella forma di una vera e propria alleanza solidissima, in vista di una possibile guerra contro il comune nemico. Nemico che naturalmente coincide con la civiltà del dollaro, la quale civiltà del dollaro considera se stessa la sola nazione indispensabile.
Questa fu la terribile espressione impiegata da Bill Clinton nel 1997. Ora, una nazione che consideri se stessa come la sola e indispensabile, che tipo di relazioni potrà mai intrattenere con le altre nazioni sparse per il mondo? A rigor di logica saranno possibili soltanto due generi di relazione. o il rapporto da padrone a subalterno, come nel caso del nesso che lega gli Stati Uniti d’America agli Stati europei e alle tante colonie disseminate per il pianeta, le quali vengono impropriamente chiamate «alleati» di Washington.
Meglio andrebbero definiti come subalterni o, ancora meglio, come colonie della civiltà del hamburger. Il secondo tipo di rapporto che una nazione che, come gli Stati Uniti, concepisca se stessa come la sola indispensabile può intrattenere con le altre è quella del rapporto belligerante, il rapporto di guerra, di aggressione, di violenza, di chi pretende di incarnare metafisicamente il bene contro chi invece incarna il male. cioè di fatto contro chiunque non si sia ancora reso colonia di Washington e magari provi a rivendicare la propria autonomia e la propria sovranità.
Ecco perché la narrativa Washingtoniana, o forse meglio sarebbe dire Hollywoodiana, continua a presentare caricaturalmente e fumettisticamente Putin e Xi Jinping come ferati macellai, come dittatori rossi, come nemici dell’umanità, come novelli Hitler comparsi sulla faccia della Terra. Si tratta, lo ripeto, di una narrazione caricaturale e manicomiale che offende il Logos in ogni sua figura. Una narrazione che, non di meno, seguita fare presa nell’immaginario collettivo, da che viene ribadita urbi e torbi in forma martellante dagli organi della propaganda organizzata, nonché dai prezzolati monopolisti del discorso, i quali, vi offro la mia interpretazione, stanno preparando l’opinione pubblica occidentale a una possibile guerra preventiva contro la Russia.
La verità è che l’incontro di Putin con Xi Jinping è una notizia da accogliersi con il massimo giubilo. Sul piano internazionale, è proprio dall’unione fra il dragone cinese e l’orso russo che può scaturire la massima speranza circa la possibilità di un ordine multipolare che sappia frenare il delirio nichilistico di imperialismo della civiltà talassocratica a stelle strisce. Ecco perché, lo ribadirò ad nauseam, abbiamo bisogno di una Cina e di una Russia forti, sovrane, indipendenti e militarmente organizzate.
Di più, abbiamo bisogno di un’alleanza solidissima tra il dragone cinese e l’orso russo.