Altolà all’identità: cosa spinge a perderla?
In un mondo sempre più digitale vengono a galla più facilmente le nevrosi collettive delle nuove generazioni.
Gli individui sono sempre meno radicati in ciò che sono a livello singolare, sempre più immersi in una socializzazione continua in cui conta sempre e comunque più il gruppo che se stessi. Indi per cui nel nuovo millennio sperimentare il disembedding, lo sradicamento dalla propria cultura, identità e dalle certezze, è sempre più facile, con la globalizzazione che galoppa anche grazie ai social media. E’ da qui poi che deriva un fenomeno comune, che è quello del contesto, necessario come guida in un mondo ormai senza confini: l’attore cambia palco e improvvisamente cambia anche copione e modo di pensare. Solo che poi nella vita si è se uomini e donne, e non attori con un pubblico davanti. Almeno così dovrebbe essere secondo Alberto Contri e Fabio Duranti.
Questa è l’analisi che scaturisce da un video di POV – Interviste condiviso sui social.
Scopo del video? Capire se ragazzi e ragazze sappiano o meno quanti metri sono 2,5 chilometri. La particolarità? Verrà chiesto nel mezzo di una serata in discoteca. Ed è qui che tutto sta: basta lo stare tra mille luci, drink e musica e il sapere più generale imparato a scuola se ne va in un baleno. “Un metro e mezzo”, si sente rispondere chi rivolge la domanda. Ancora, “500 metri”.
Ed è il fallimento del nozionismo e dello studio a memoria. Oppure in alternativa, rispondono sbagliando per rispettare un’aspettativa sociale dipendente dal contesto del momento.
Il commento a Un Giorno Speciale.
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