E adesso si torna a gran voce a parlare dell’euroinomane e austerico delle brume di Bruxelles, Mario Draghi.
Soprattutto se ne parla in vista di un possibile incarico di prestigio nell’Unione Europea.
Come più volte abbiamo adombrato, Mario Draghi fa parte in senso pieno di quella cerchia di uomini superiori, nati appositamente per comandare e per di più senza dover passare da votazioni democratiche. Il suo cursus honorum, del resto, parla chiaro.
Mario Draghi esordì in Goldman Sachs. Poscia, fu a bordo del panfilo Britannia nel ’92. Successivamente divenne governatore della Banca Centrale Europea e nel 2021 fu presidente del Consiglio in Italia. Da più parti, ricorderete, si parlò anche di un suo possibile ingresso ai piani alti della NATO. E adesso l’euroinomane e austerico di Bruxelles torna pieno in pista.
Come ricordavo, da più parti si vocifera di un suo possibile ingresso ai piani alti dell’Unione Europea.
Il tosconichilista Matteo Renzi addirittura si è recentemente avventurato a sostenere che Mario Draghi è più che mai fondamentale per rianimare l’Unione Europea.
“Rianimare l’Unione Europea” sembra il titolo di una pellicola horror, e invece è davvero il desideratum di Matteo Renzi.
La von der Leyen, per parte sua, che ultimamente sembra in difficoltà su più fronti, ha sostenuto che Mario Draghi ed Enrico Letta “indicano la via”. La via, ci permettiamo di aggiungere, che conosciamo bene e che mena nell’abisso i lavoratori e i ceti medi, quelli che peraltro l’Unione Europea di marca neoliberale ha già ampiamente suppliziato e martoriato in questi anni. E li ha suppliziati e martoriati non per accidence, ma per la propria stessa struttura, quale trova espressione ad esempio nei trattati europei.
I trattati europei sono incardinati sul verbo neoliberale e dunque sulla programmatica aggressione ai danni dei lavoratori e dei ceti medi. Anche Ignazio La Russa ha asserito testualmente che Mario Draghi ha tutte le carte in regola per occupare posti di rilievo nell’Unione Europea.
Dunque, la benedizione per Mario Draghi arriva anche dalla destra bluette neoliberale.
Ed è la prova, se ancora ve ne fosse bisogno, che sotto ogni profilo destra neoliberale e sinistra neoliberale sono espressioni fintamente oppositive del medesimo, vale a dire articolazioni fintamente plurali, del partito unico del turbocapitalismo. Partito unico che non per caso, a destra come a sinistra, punta sempre e comunque su Mario Draghi come proprio rappresentante e come propria dramatis persona.
Nulla di nuovo sotto il sole, dunque. Vedremo a quale destino andrà incontro Mario Draghi.
A noi piace ricordare una locuzione di Mario Draghi davvero emblematica. Nel 2012 egli, in un suo celebre intervento, asserì che per salvare l’euro bisognava fare “whatever it takes“: tutto quel che era necessario.
Si badi: non salvare il popolo, ma salvare l’euro, anche a costo di mandare in rovina il popolo, ci permettiamo di aggiungere.
Dal punto di vista liberal finanziario dell’Unione Europea e di Mario Draghi, la salus populi, come la qualificava Spinoza, cioè la salvezza del popolo, è qualcosa di secondario. Quel che conta, in realtà, è sempre e solo salvare l’euro, le banche e l’ordine economico-liberal-finanziario dominante. Quello che, appunto, trova in Mario Draghi un proprio rappresentante di punta.
Radioattività – Lampi del pensiero quotidiano con Diego Fusaro