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Le serpentine di Mazzola, l’esplosività di Peiró: viaggio nell’Inter della prima stella

La Grande Inter è una storia da tramandare di generazione in generazione. I nomi delle undici stelle che diedero vita a uno dei cicli più vincenti della storia della casacca neroazzurra sono impressi nei cuori di ogni tifoso interista e appassionato di calcio.
“È certo che se ogni gioia vale per quanto si è sofferto, io oggi sono un uomo molto felice”. Era il 28 Aprile 1963, quando Angelo Moratti pronunciava queste parole. Non sapeva ancora, il presidente, che quello sarebbe stato soltanto il primo dei tre scudetti consecutivi vinti e che quella squadra era destinata a vincere anche due coppe campioni, come se non bastasse. Ci aveva messo tre anni, Helenio Herrera, per raggiungere quel primo traguardo e dare il via a una serie di grandi successi che avrebbero consegnato alla storia gli undici eroi neroazzurri.
Arrivò tre anni dopo le parole di Angelo Moratti, nel 1966, la prima stella cucita sul petto, dal lato del cuore. Il 4-1 rifilato alla Lazio regalò alla Grande Inter scudetto e stella, la prima della storia di quella casacca a righe neroazzurre.

Helenio Herrera rimane tuttora il tecnico più longevo della storia dell’Inter, ma ce n’è un altro che, in caso di rinnovo, potrebbe eguagliare questo record. Simone Inzaghi, infatti, se dovesse rinnovare fino al 2027, salirebbe al primo posto nella classifica dei tecnici più longevi. Come Herrera, anche Inzaghi si è conquistato una stella sulla panchina dell’Inter, la seconda, quella dei venti scudetti. La storia degli undici di Inzaghi non è quella della Grande Inter. Quella del tecnico piacentino, infatti, è una squadra fatta di sottovalutati, di giocatori prossimi alla pensione e di parametri zero ritrovati. La seconda stella di Inzaghi è anche di Marotta e del suo fenomenale ‘senno di poi’, con il quale l’attuale AD interista ha saputo costruire un’arma efficiente resa letale dall’allenatore.

Difese a confronto

Per la Grande Inter il vero allenatore in campo è Armando Picchi, libero dalle spalle larghe e i piedi sopraffini, il gioco parte sempre da lui. Burgnich a destra e Guarnieri al centro non lasciano scampo agli attaccanti avversari, mentre Facchetti diventa il primo terzino goleador della storia del calcio italiano; falcata imponente e fiuto del gol.

Gli interpreti di Inzaghi invece sono Pavard, Bastoni e Acerbi. Quest’ultimo il vero perno centrale della difesa neroazzurra, centrale duro e di sacrificio, giocatore rivalutato proprio dal tecnico piacentino. Pavard e Bastoni invece due braccetti puliti, tecnici, che non disdegnano il versante offensivo e creano gioco.

Centrocampi a confronto

Bedin, mediano ordinato, dotato di grande classe, fa da spalla a Luis Suarez, un n regista perfetto, che ha fatto la storia del cruolo. Dai piedi di Suarez partivano gran parte delle azioni offensive di quella grande Inter, molte volte spinte dalla velocità di un Jair imprendibile, una delle ali più veloci di quei tempi.

Per Inzaghi, invece, il centrocampo è più folto. I due esterni a tutto campo sono Di Marco e Darmian. Due giocatori rivelazione, due giocatori profondamente rivalutati che macinano chilometri in campo e prendono parte a tutte le azioni offensive. Non mancano i gol, in una parola: fondamentali. Il terzetto di centrocampo, invece, è un mix di tecnica e forza fisica, di corsa e fiato a non finire: Barella, Calhanoglu, Mkhitaryan.

Attacchi a confronto

I gol della squadra di Helenio Herrera erano affidati a tre interpreti rapidissimi. Le serpentine di Mazzola, l’esplosività di Peiro e il mancino educatissimo di PCorso, regalarono al popolo neroazzurro una valanga di gol indimenticabili. Difesa ferrea e contropiedi micidiali affidati al terzetto offensivo, questa la ricetta vincente.

Inzaghi affida le marcature ai suoi due fedelissimi: Thuram e Lautaro. Il francese, arrivato in sordina dal Borussia Monchengladbach, si è preso di prepotenza l’attacco neroazzurro. Grande velocità e strapotere fisico gli ingredienti del suo successo. Il terzo ingrediente che contribuisce si chiama Lautaro Martinez. L’argentino è ormai un punto fermo per la squadra di Simone Inzaghi, i suoi gol e il suo spirito di sacrificio sono la cosa più bella che potesse capitare al reparto offensivo interista.

Redazione

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