“Caro Borgonovo, sui sospesi per non aver fatto il vaccino le segnalo che oltre ad aver perso lo stipendio, hanno perso anche un anno di contributi. Mia moglie, in quasi un anno di sospensione, ha perso circa 40-45 mila euro tra stipendio e contributi“
Questo il messaggio di un ascoltatore arrivato in diretta a ‘Punto e Accapo’, mentre Francesco Borgonovo e Dario Giacomini, radiologo e presidente dell’associazione ‘ContiamoCI‘, disquisivano in merito ai tantissimi lavoratori sospesi in periodo pandemico, a causa delle imposizioni che provenivano dagli obblighi vaccinali. Tutt’oggi, dunque, è ancora forte la protesta dei lavoratori sospesi durante la pandemia che hanno perso anni di contributi e retribuzione a causa di diktat che provenivano dall’alto.
Dario Giacomini ha risposto all’ascoltatore ricordando il suo appello fatto a Giorgia Meloni: “Quello che dice l’ascoltatore è vero, ed è proprio per questo motivo che anche ieri abbiamo richiesto al governo un incontro per poter discutere. Presto si affronterà anche la questione dei documenti di programmazione economica e finanziaria, e desideriamo parlare non solo dei salari non percepiti, ma soprattutto dei contributi previdenziali mancanti. Molte persone hanno perso due anni, un anno e mezzo di lavoro e di contributi previdenziali, subendo danni che in alcuni casi superano le centinaia di migliaia di euro, specialmente per coloro che lavoravano in strutture private. È stato un danno estremamente significativo, difficilmente recuperabile, soprattutto per coloro che erano prossimi alla pensione e avevano investito molto nella propria attività lavorativa. Inoltre, va considerato – e pochi sono a conoscenza di questo fatto – che i sanitari assunti a tempo indeterminato negli ospedali non potevano svolgere altre mansioni quando furono sospesi“
“Erano praticamente relegati all’inattività“, continua Giacomini, “nonostante avessero le capacità e le competenze per svolgere altri lavori. In quanto assunti a tempo determinato in strutture pubbliche, non potevano neanche cercare altro impiego per sostenere le proprie famiglie. Erano letteralmente inabili al lavoro, una decisione presa dal governo. Tutto questo è avvenuto in due anni, nel completo silenzio della politica, dei sindacati, degli ordini professionali e di tutte le istituzioni che avrebbero potuto intervenire in modo diverso. Al contrario, si sono verificate frasi denigratorie del tipo “sono traditori della patria”, “devono essere messi al muro”, “sono parassiti”, e così via. Il trattamento che ci è stato riservato è stato estremamente degradante“.