Il Parlamento Europeo ha votato le nuove regole di bilancio dei Paesi membri, modificando quindi il Patto di stabilità. All’interno dell’UE solo l’Italia è rimasta fuori e nessun partito ha votato a favore. Il Patto è passato il 23 Aprile all’Europarlamento, con una netta maggioranza. Tra le novità introdotte, ci sono meno rigore e più flessibilità per i Paesi che hanno un debito maggiore. Infatti sono previsti dei piani di rientro graduali per gli Stati che hanno una concentrazione di debito simile a quello di Grecia e Italia. Nella versione precedente i Paesi avevano l’obbligo di ridurre il debito ogni anno di un ventesimo. Il nuovo Patto di Stabilità prevede un periodo che va dai 4 ai 7 anni per rientrare nei limiti proposti dall’UE. Ma come impatterà questo nuovo Patto di stabilità sulle tasche dei cittadini italiani?
Il Giornalista Sergio Giraldo chiarisce alcuni punti fondamentali della nuova trattativa. “Bisogna puntare sugli investimenti tra cui l’istruzione. Io rimango basito dal fatto che venga considerata una spesa pubblica, quando si tratta invece di un investimento. Al momento, non penso che il potere voglia considerare questa ipotesi. Quindi penso che aumenteranno solamente le spese di accise sulla benzina, perché ci sono le polemiche sui famosi sussidi ambientalmente dannosi. I sussidi riguardano ad esempio il costo più basso del Diesel per gli agricoltori e i pescatori“
Secondo Borgonovo c’è un rischio evidente, ovvero che questo possa diventare uno scontro tra categorie. Un gioco al massacro da parte delle forze europeiste, di mettere gli uni contro gli altri. “Se si tolgono i sussidi sui carburanti per gli agricoltori inoltre, poi dovranno alzare i prezzi sui prodotti”.
“Esattamente, per tenere i prezzi bassi bisogna deprimere l’economia interna. L’errore che si fa, è pensare che le risorse siano limitate, e poi quello che succede è che sono i poveri a pagare anche per i ricchi” commenta Giraldo “Con stupore lessi un editoriale di Francesco Giavazzi, che sul Corriere della Sera disse che il debito a scadenza non va pagato ma si rinnova, perché quel che conta è la crescita. Quindi non è essenziale che il rapporto tra il debito e il PIL sia sotto il 60 %“.