Terreni coltivabili stracolmi di fotovoltaici. L’ossimoro della transizione green, che è anche ipocrisia ben mascherata con propositi più alti fa parte di un’ideologia che sta dilagando, ma che mostra tutti i suoi limiti, appena viene approfondita.
Come quello della battaglia agli agricoltori europei: inquinerebbero, dunque partecipando all’emissione della famigerata CO2 vanno incentivati a lasciare l’appezzamento di terreno.
Troppo semplicistico come argomento?
Si vadano a leggere le parole della celebre economista olandese Barbara Baarsma: “Dovremmo spartirci i diritti sulle emissioni di carbonio rimanenti. Ogni cittadino dovrebbe ricevere una quota fissa di emissioni. Si inserisce in una sorta di ‘portafoglio della CO2′”. Ma se suona distopico come scenario, basta osservare le leggi in via di implementazione o le proposte dalle nostre istituzioni, ultima delle quali quella di Bonaccini, in Emilia Romagna, che consisteva nell’incentivare gli agricoltori a lasciare incolto l’appezzamento di terreno in cambio di una quota annuale dai 500 ai 1500 euro.
Nel quadro si inserisce la parentesi fotovoltaico: energia pulita sì, ma che anziché arraffare terreni coltivabili, potrebbe essere installata prima negli spazi già antropizzati, come tettoie e parcheggi.
Invece si preferisce fare la lotta agli agricoltori, per poi sostenere che non si capiscano i motivi del tumulto.
L’editoriale di Fabio Duranti | 2 aprile
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