“Avanza l’algoritmo”: ecco gli effetti collaterali del partito del non voto

A ridosso delle Elezioni il tema dell’astensionismo è da sempre fonte di dibattito. Il “Partito del Non voto è la somma tra gli elettori che non si sono recati alle urne e le schede bianche. Un numero sempre più crescente di cittadini sceglie per libera scelta di non andare a votare, prendendo distacco dalla politica. Dietro alla scelta di non andare a votare c’è soprattutto lo smarrimento dei cittadini e la mancata fede nei candidati dei partiti. Spesso si sceglie di non recarsi alle urne perché non si riesce a trovare un “rappresentante del popolo” degno di essere chiamato tale. Alcuni sono convinti, come afferma un ascoltatore a Un Giorno Speciale che “non votare ha un grande valore: non riconoscere la validità di una certa forma di governo. Il potere così come lo conosciamo crolla”. Ma è davvero cosi? Secondo Fabio Duranti non sarebbe proprio cosi. “Non c’è una legge che prevede che se tu non vai a votare il governo crolla, anche se andassero a votare solo il 10% delle persone. Guardate che i governi li fanno lo stesso. Per fare quello che dici tu, devi fare una rivoluzione, ma non mi sembra che sia una cosa buona. Nessuno di noi ama che torni la violenza, per carità”.

Il docente di comunicazione Alberto Contri ritiene che non andare a votare non porti ad alcun risultato tangibile e che anzi, il governo auspica che solo il 10 % della popolazione voglia recarsi alle urne. “Ricordiamoci Davide e Golia: alla fine un piccoletto che con una fionda ha tirato giù il gigante, prima o poi potrebbe succedere. Non votare è come tagliarsi i “cosiddetti” per fare un dispetto alla moglie.

“Tant’è vero che c’è allo studio un metodo di cui sento parlare molto spesso, di non votare nemmeno più: ma costruire degli algoritmi. Ovvero sia, ragionare sui sondaggi e poi stabilire chi ha vinto in base agli algoritmi, che naturalmente verrebbero costruiti. Quindi sottrarsi al voto vuol dire sottrarsi a un dovere, non ad un diritto”.

Infatti secondo Duranti, chi non va a votare sarebbe complice di questo tentativo di ridurre il voto ad un algoritmo. Ma la domanda è sempre la stessa. Chi li scrive gli algoritmi? Una volta che l’algoritmo viene scritto, manderà a governare i padroni di quelli che scrivono gli algoritmi. Perché l’algoritmo non è un Dio, ma un meccanismo automatico con una serie di istruzioni che servono a regolare degli automatismi. Il problema è che queste istruzioni gliele dà qualcuno, che diventerà quello che comanderà”.

Se il voto viene ridotto ad un mero meccanismo automatico di una macchina già impostata e pre-comandata, il risultato verrà già predeterminato. Secondo l’Endocrinologo Giovanni Frajese le conseguenze del mancato interesse del popolo nei confronti della politica, sono palpabili. Lo vediamo nella vita quotidiana dei cittadini, che sono circondati da un muro di silenzio assordante e non sono più a conoscenza di cosa accade realmente li fuori. Al tempo stesso, la sfiducia delle persone nei confronti del Governo è comprensibile. “Perché per mettere la firma e dare il voto a qualcuno, bisogna poter credere in quella persona almeno un pò. Oggettivamente oggi nel panorama elettorali, ci sono ben poche persone che potrebbero meritare questa fiducia” conclude Frajese.