Nel Football le squadre più forti sono le più ricche. Denaro e vittoria sono un binomio che funziona, ma può accadere l’imprevedibile. Il Leicester di Ranieri in Premier di qualche anno fa, il Girona in Spagna che gioca un ottimo calcio, la nostra Atalanta da anni eccellenza nelle Coppe. In serie A, quest’anno, a fare ombra al ventesimo scudetto dell’Inter vi è il Bologna. Chi scrive ne è tifoso da una vita. Da quando il papà, romano e laziale, che vive sotto le due torri, porta il figlio al Dall’Ara a vedere la squadra che ancora profuma del settimo scudetto ed è portatrice sana del buon calcio. Bulgarelli, Pascutti, Perani, Roversi, Haller ne sono i reduci, mentre Savoldi, Pecci, Bellugi le nuove leve. Negli anni settanta il Bologna occupa la parte alta della classifica, gioca bene e vince anche una Coppa Italia.
Nel mezzo secolo successivo le emozioni sono rare. Il calcio champagne di Maifredi, l’anno sabbatico di Baggio con il suo record di 23 gol stagionali, la qualità di Signori sotto il segno di un indimenticabile Mazzone in semifinale di Coppa Uefa sono il passato.
Oggi è il momento di Thiago Motta e del suo Bologna, fresco di qualificazione in Champions League. Bel gioco a tutto campo con una squadra che attacca, difende e si muove come un branco di pesci, all’unisono, su e giù per il campo, senza dare riferimenti e stordendo l’avversario con il possesso palla. Una macchina di undici elementi quasi perfetti. I giornalisti ne parlano come di una meteora che si sarebbe sciolta toccando l’atmosfera dell’alta classifica. Invece no, il Bologna è rimasto là, in alta quota, fino alla fine.
Seguendo l’esempio di Mihajlović, l’ambiente si rafforza e si trasforma grazie alla solidità del presidente Saputo e della professionalità dei suoi collaboratori in primis Sartori e Motta che regalano ai tifosi e alla città una squadra ricca di tecnica ed entusiasmo. La magia è completata da un team giovane e di livello, un mix rossoblu che risponde ai moduli del tecnico in maniera intelligente, facendo intravedere la possibilità di iniziare un ciclo.
E Bologna “la Dotta”, la città di Dalla e Morandi, sogna.
La rosa dei Felsinei, con le magie di Zirkzee, le ragnatele di Ferguson, l’entusiasmo di Orsolini, la classe di Calafiori e Fabbian, tanto per citarne alcuni, è diventata insieme al tecnico Motta, l’oggetto del desiderio di Juventus, Milan e Inter. I media sportivi hanno smantellato a suon di “strilli” sui giornali l’intera squadra, messa in vendita come in un supermarket del Fantacalcio. Un rumore assordante che i tifosi, conosciuti per la loro sportività, non meritano. Entro poche ore sapremo se il tecnico italo brasiliano, Deus Ex Machina di un anno brillante che ha aperto al Bologna le porte al grande calcio diverrà bianconero, addirittura in coppia con qualche tesserato bolognese. Una soluzione cromatica che i tifosi non vogliono. La società merita un progetto a lunga scadenza e merita di mantenere intatta l’alchimia quasi magica che si è prodotta negli ultimi tempi con un grande lavoro di squadra.
Il calcio concede poco spazio alla poesia. Il mio auspicio come uomo di comunicazione e tifoso rossoblu è quello che si studino delle regole per mantenere questo sport una bandiera per tanti appassionati che vanno allo stadio e pagano le Pay TV. Incentivare gli impianti sportivi e i vivai per abbinare passione e studio, promuovere il fair play finanziario e sistemi che favoriscano l’alternanza per democratizzare il più possibile la riuscita dei campionati nazionali, come ad esempio la soluzione VAR adottata negli ultimi anni.
Non mi resta che aspettare il dopofestival che la città di Bologna dedica stasera a tutta la squadra e sperare in un Bologna rafforzato e che continui a giocare in Paradiso a pari merito con le solite squadre d’alta classifica sicuramente più indebitate e dalle proprietà discutibili, ma dai palmarès invidiabili.
Alfonso Federici