Votare o cosa? Questo è il dilemma.
Al momento la tendenza più diffusa (pare destinata a crescere) tra gli elettori italiani è quella di non andare a votare. L’astensionismo è un fenomeno sempre più marcato che nasce da un’accesa diffidenza e sfiducia nei confronti della politica. Ma come possiamo pensare di poter cambiare le cose, senza esercitare il nostro diritto di voto?
L’altro interrogativo riguarda l’effettiva efficacia di una trovata del genere. A farlo notare il docente di Comunicazione Sociale Alberto Contri: “In Ucraina Zelensky è stato eletto con l’80% dei suffragi, ma con il 23% dei votanti“. Prendere atto dei fallimenti continui nel creare un fronte del dissenso unico che possa superare lo sbarramento, è il punto di partenza di queste considerazioni: “Si deve appurare ormai che non c’è ancora la maturità per creare un movimento del genere“, dice Contri.
E in effetti anche nelle scorse nazionali, tuto ciò si è visto eccome. Se ne ricorda bene l’endocrinologo Giovanni Frajese, candidato allora con Italexit che non arrivò in parlamento: “Non capisco perché nel caso in cui l’alternativa c’era, non si sia sfruttata l’occasione. Certo, il vero problema è che secondo me la democrazia non può sussistere nel momento in cui chi può essere candidato lo scelgono i partiti. Un processo di tipo democratico dovrebbe invece permettere, di dare la possibilità al popolo di scegliere i propri candidati e non di doverli subire passivamente”.
Ascoltate l’analisi da Fabio Duranti.
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