Il 5 marzo scorso è divenuta ufficialmente legge la Commissione d’inchiesta sulla gestione dell’emergenza sanitaria che per due anni ha scosso il Paese. Ciò su cui si indaga è principalmente la prima gestione del Covid, tra mascherine e strumenti per evitare il contagio.
Non l’ha presa bene chi ai quei tempi sedeva al governo, e cioè Giuseppe Conte che la Commissione l’ha definita “un plotone di esecuzione”.
Neanche Roberto Speranza, l’allora ministro della salute che al momento del sì della Camera ha gridato all'”intervento squadrista”.
La Commissione è realtà, ma per ora solo su carta. Colpa dei “tempi della politica”? Sì e no.
Non si hanno infatti notizie di buona parte dei commissari che ogni partito dovrebbe presentare.
“In questo momento la Commissione non è partita perché alcuni partiti cercando di bloccare i lavori“, spiega il senatore Claudio Borghi alla Sala dell’Istituto di Santa Maria in Aquiro, in occasione della presentazione del libro “Il ruggito della pecora nera. Covid, segreti e bugie per non dimenticare”, di Maria Rita Gismondo, direttrice del Laboratorio di microbiologia clinica, virologia e diagnostica delle bioemergenze dell’ospedale Sacco di Milano.
“Non comunicano i nomi dei commissari che dovrebbero fare parte della Commissione. Le presidenze hanno diramato ormai da mesi a tutti i gruppi la segnalazione di segnalare i nomi. Per esempio per il mio partito – la Lega – quantomeno per il Senato ci siamo io e il senatore Romeo. Noi abbiamo comunicato tipo il primo giorno“.
Nonostante l’ostacolo dei nomi, la Commissione dovrà comunque andare avanti.
“Ci penseranno i presidenti delle Camere evidentemente a disegnare ex officio dei membri di questi partiti per consentire di far sì che la Commissione possa iniziare. Ma io non vedo l’ora“.
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