Terminate le elezioni europee inizia il vero “spoglio” dei voti.
Il voto in Italia si è concluso e ha visto vincitore il partito di Giorgia Meloni. Sotto a Fratelli d’Italia c’è il PD.
Al piano superiore c’è il grande assente, almeno nella pratica: il partito del non voto. Assente sì nei conteggi, molto reale quando si parla di percentuali: l’astensionismo alle elezioni europee ha raggiunto il 52% circa. Si riconferma così una tendenza costante negli anni delle elezioni. Solo in questa tornata, l’astensionismo ha guadagnato 6 punti percentuali rispetto alle europee del 2019.
La decisione dell’elettorato non votante può essere interpretata come messaggio di un malcontento generale nei confronti della politica.
Ma sta veramente tutto qui?
Nella lista di chi non ha votato presenzia anche Diego Fusaro. Il filosofo ne discute con Fabio Duranti in diretta.
“Non sono un teorico dell’astensionismo in generale – precisa Fusaro – come potrebbe essere un anarchico. Io sono un allievo di Gramsci e quindi credo nel progetto di un’egemonia culturale politica che sfoci poi nelle elezioni, nella possibilità di eleggere rappresentanti degni di portare avanti un progetto di redenzione politica“. Peccato che però, secondo il filosofo, nessuno al momento rispecchi quei criteri.
Inoltre, “rivendico l’esigenza di non sedersi a un tavolo in cui le carte erano truccate. Sostanzialmente tutte le forze disponibili dall’estrema destra bluette neoliberale e atlantista all’estrema sinistra fucsia neoliberale e atlantista condividevano lo stesso programma, cioè l’atlantismo e il neoliberismo. Dunque scegliere tra diversi che sono immagini del medesimo a mio giudizio è un’offesa alla nostra ragione“.
La critica non si ferma ai partiti principali.
“Ritengo non votabili tutti i partiti che si sono presentati – conclude Fusaro – anche quelli che si sono vantati di rappresentare l’opposizione, ce n’erano tre o quattro, che in realtà erano, se mai è possibile, ancora più allineati degli altri nella misura in cui fingevano di essere disallineati“.