La showgirl Lory Del Santo è stata ospite da “Belve” il programma condotto da Francesca Fagnani su Rai2. La 65enne ha parlato di varie tematiche ma una in particolare ha catturato l’attenzione del pubblico. Una sua dichiarazione inerente al linguaggio italiano e al mondo della cultura ha suscitato indignazione. “Il congiuntivo non lo azzecca nessuno. Non si può eliminare dalla lingua italiana? I giovani non capiscono questo concetto. Cambiamo la lingua italiana perché è troppo complicata su certi punti, per favorire i giovani”. Un’affermazione che avrebbe fatto rivoltare Dante nella tomba. Ma intanto a rivoltarsi, ci pensa anche Massimo Persotti, giornalista de Il Salvalingua.
Secondo Massimo Onofri, Docente di letteratura italiana contemporanea: “Una retorica insopportabile è quella dei giovani. Quasi che la giovinezza sia una condizione di superiorità etica o morale. La gioventù non è detto che sia felice, spesso è infelice o smemorata”.
In alcuni discorsi, riflette Persotti, i giovani sembrano quasi svolgere la funzione di “ombrello” o scusante a cui appellarsi prima di agire. Quando si afferma di voler cambiare certe abitudini per i giovani, i beneficiari sono altri. Non è forse che a voler cambiare il congiuntivo ne hanno bisogno più le vecchie generazioni piuttosto che le nuove? “Sono oggetto dell’aggressività del mercato. Vengono chiamati in causa ogni volta perché il futuro è il loro“.
Leonardo Sciascia scrisse che la lingua italiana e il modo in cui la si scrive, coincide con il modo di pensare. “Senza la lingua non c’è pensiero e senza il pensiero non c’è niente”. In effetti al giorno d’oggi il tempo verbale che utilizziamo sempre più spesso è l’indicativo. Lo precisa Onofri nel suo articolo dal titolo “Abolire il congiuntivo? No, ci salva dai troppi cultori dei toni imperativi”, in cui evidenzia come: “Il nostro, purtroppo, è un tempo sempre più declinato all’indicativo: assertivo e semplificato. Difendere il congiuntivo, oggi, è anche un atto di resistenza civile“.
La guerra delle lingue
Di fatti la lingua non è soltanto grammatica, ma è anche cultura e dibattito sociale. “L’italiano è la storia di questo Paese stesso. Se confrontiamo l’inglese con l’italiano, capiamo che i ritmi e i passi sono diversi”. Se il primo infatti è una lingua più immediata, breve e semplice, l’italiano è lento e più complesso. “E’ una lotta eterna tra la paratassi e l’ipotassi. L’inglese è un periodare che è un insieme di principali che si susseguono l’una all’altra, al pensiero italiano ipotattico, che struttura attorno a una principale una serie di subordinate. Questo vuol dire che si confrontano due civiltà“.
L’obiettivo dovrebbe essere quello di non perdere la nostra identità linguistica e la nostra tradizione. Purtroppo però l’informazione è sempre più invasa dagli anglicismi e il linguaggio è sempre di più internazionale. Secondo Massimo Persotti il fatto stesso di voler sacrificare il congiuntivo, significa preferire dei termini anglofoni a dispetto della nostra lingua. “Il dato linguistico deriva da un rapporto di giochi di potere. L’inglese è vincente in tutto il mondo, e ha vinto la lingua inglese perché hanno vinto le nazioni. Dentro a questo c’è l’italiano che purtroppo non conta più niente ed è sottoposta all’invasione delle altre lingue”.