Come spesso accade, quando si pensa di avere toccato il fondo, si commette un grave errore, dacché si può ancora scavare e scendere, se mai è possibile, ulteriormente. E quello che è accaduto in questi giorni, allorché Guido Crosetto è riuscito a dire, sono parole sue, che “Putin va fermato“. La frase di Crosetto risulta anche vagamente comica, pur nel quadro tragico che stiamo vivendo.
E risulta comica se si considera che pochi giorni prima gli americani hanno colpito con i loro missili il territorio russo, senza che mai ovviamente a sua volta la Russia abbia colpito con i propri missili il territorio americano o quello europeo.
D’altro canto, non molti giorni prima, sul Corriere della Sera, i sedicenti professionisti dell’informazione erano riusciti perfino ad asserire che la Russia di Putin è intrisa di “ideologia imperialista“. La Russia di Putin, non la civiltà dell’hamburger, che, rigurgitante di imperialismo, in passato ha bombardato la Serbia e l’Afghanistan, l’Iraq e la Libia.
L’impero della menzogna continua a ostentare la propria essenza, senza più alcuna maschera.
Non diversamente dal Corriere della Sera, l’Inchiesta, foglio sfacciatamente liberal-atlantista e gran cassa del pensiero unico-dominante, ha disinvoltamente parlato di colonialismo ed imperialismo come cifre della Russia. La riscrittura orwelliana della storia può così dirsi completa, e a tal punto radicale da fare apparire lo stesso Orwell come un dilettante. La replica di Putin comunque non si è fatta attendere, non a Crosetto naturalmente, di cui probabilmente, e con ottime ragioni, Putin ignora financo l’esistenza.
La replica di Putin è stata all’imperialismo volgare e sfrenato del Leviatano a stelle strisce.
«Non costringetemi a usare il nucleare», ha affermato Putin.
E così ha lasciato intendere di non essere disposto a tollerare oltre le provocazioni e gli attacchi di quegli Stati Uniti d’America che, come disse Bill Clinton nel 1997, «si pensano come la sola nazione indispensabile».
Insomma, la Russia non intende affatto chinare il capo e genuflettersi alla civiltà del hamburger.
La Russia è invece pronta a difendere con le unghie e con i denti il proprio territorio e il proprio popolo.
Rovesciando l’infelice frase di Crosetto dovremmo dire senza perifrasi edulcoranti che è la civiltà dell’hamburger a dover essere fermata il prima possibile ed è proprio per questo che speriamo vivamente nella Cina e nella Russia come baluardi e come potenze in grado di generare un mondo multipolare sottratto al monopolarismo di Washington e a quella globalizzazione che altro non è se non una americanizzazione coatta dell’intero pianeta.
Tra l’altro Putin ha recentemente fatto anche un riferimento alla nostra Italia, e si è rivelato come sempre fin troppo generoso e magnanimo con il nostro paese traditore, che fino a non molto tempo fa intratteneva ottimi rapporti con la Russia e poi la ha tradita per rimanere, more solito, subalterno alla volontà imperialistica di Washington, rispetto alla quale volontà imperialistica l’Italia continua a essere semplicemente una colonia senza dignità. Putin ha detto che in Italia non vi è la “russofobia da cavernicoli“.
In questo caso, forse, il presidente russo sbaglia. Infatti, in Italia, di russofobia da cavernicoli ve ne è ad abundantiam.
Ricordate, ad esempio, quando una nota università propose di mettere al bando Dostoevskij in quanto autore russo? E quando in una città italiana venne annullato il concerto diretto da un direttore russo? E molti altri esempi simili si potrebbero addurre a sostegno dell’esistenza di una russofobia da cavernicoli nel nostro paese. In questo caso, dunque, Putin non ha ragione.
Di russofobia da cavernicoli ve n’è anche troppa in Italia.
Radioattività – Lampi del pensiero quotidiano con Diego Fusaro