Da Parigi a Berlino: la città in cui si tenne la prima finale dei Campionati Europei a quella dove si giocherà quest’anno. È di questo che parla il libro?
Assolutamente sì. Sedici edizioni di una competizione che ha una storia addirittura antecedente al 1960, anno in cui si svolse per la prima volta in Francia. Già nel 1927, infatti, quando ancora non si era tenuta la prima edizione della Coppa del Mondo, Henry Delaunay, l’ideatore del torneo, voleva organizzare un campionato fra nazionali europee. La sua è una storia di perseveranza che alla fine ha portato i suoi frutti: oggi l’Europeo, per valori tecnici e volume d’affari, ha poco da invidiare ai mondiali.
Cosa hanno di particolare gli Europei?
Si tratta di una competizione che esercita un fascino enorme. Gli Europei, a differenza della Champions League (se vogliamo rimanere nell’ambito dei confini del Vecchio Continente), hanno l’incredibile capacità di unire interi Paesi. Quella sensazione di coinvolgimento collettivo, di sentirsi parte di qualcosa di più grande che ci trascende e che viene convogliato nel tifo, lo possono vantare solo le grandi manifestazioni che vedono coinvolte le rappresentative nazionali. Oggi, almeno in Italia, si tende un po’ a essere disinteressati alle vicende degli azzurri. Poi, però, quando ci sono gli Europei (come anche i Mondiali, del resto) tutto cambia e i sani riti collettivi legati alla visione congiunta delle partite dell’Italia tornano prepotentemente d’attualità. Credo che sia questo il fascino degli Europei, che il libro vuole raccontare con la particolare impostazione con cui è stato concepito.
Ce la vuoi spiegare?
Ho cercato soprattutto di riprodurre il mood tipico di ogni edizione. In fondo, se si vuole avere un’idea meramente storica degli Europei, e con questo intendo la conoscenza di risultati, classifiche e marcatori, la consultazione del web è ampiamente sufficiente. Io ho voluto scavare nel tempo e sollecitare la curiosità dei lettori: ogni capitolo inizia con un’introduzione che riporta gli eventi salienti dell’anno in cui si sono svolte le varie edizioni dei Campionati europei e che non sono strettamente legati al calcio. Poi mi sono soffermato sulle curiosità di cui spesso non siamo a conoscenza. Tanto per citarne una: lo sapevi che il giorno prima della finale contro l’Unione Sovietica del 1988 i giocatori olandesi andarono a vedere un concerto di Whitney Huston? O che a Euro 2000 gli azzurri vedevano sempre spezzoni del film “Febbre da cavallo” negli spostamenti in pullman dall’albergo allo stadio prima delle partite? Poi c’è la parte più tecnica, quella nella quale sono tracciati i profili dei campioni migliori di ogni edizione. E, quando ho ritenuto che fosse importante, le considerazioni di carattere tattico.
Vedo che in questo libro ci sono anche delle interviste.
Sì, perché ritengo che nulla sia più interessante da leggere delle sensazioni che hanno vissuto sul campo i protagonisti. Che siano confidenze, aneddoti o punti di vista personali sugli eventi che hanno sperimentato in prima persona. Sono loro gli interpreti principali di questo grande romanzo che, ogni quattro anni, aggiunge un nuovo capitolo alla sua trama.
Chi sei riuscito ad avvicinare?
Su tutti mi fa piacere evidenziare tre campioni del mondo come Zoff, Tardelli e Franco Baresi, fuoriclasse che hanno avuto modo di esprimersi al meglio anche nei Campionati europei. Ma nel libro sono riportate le interviste a tanti altri protagonisti che, nelle varie edizioni, hanno avuto la fortuna, e la bravura, di indossare la maglia azzurra. Grazie al loro contributo è possibile acquisire informazioni inedite e ricordi di emozioni che gli appassionati di calcio avranno piacere a rivivere.
Passiamo all’attualità: che Europeo credi che farà la Nazionale di Spalletti?
Se stiamo a sentire i bookmaker, dovremmo essere preoccupati. In realtà, io credo molto nelle qualità di Spalletti, tecnico intelligente, molto preparato e, soprattutto, estremamente coinvolto nel ruolo che ricopre. Leggo nei suoi atteggiamenti una gran voglia di fare le cose al meglio, un entusiasmo che spero si trasmetterà anche ai calciatori. Certo, confermarsi campioni sarà terribilmente difficile ma quando leggo che ci sono ex giocatori come Jamie Carragher che addirittura vedono l’Italia eliminata al primo turno, mi sembra che si esageri. Io penso che con un po’ di astuzia e di fortuna si possa anche arrivare in semifinale.