L’election day è sempre più vicino, con una curiosità che oltre i risultati dei partiti, sarà tutta per la mole di elettori che si dirigeranno alle urne. Quelli rappresentati dai nuovi 720 deputati di Bruxelles sono circa 450 milioni, quelli che si dirigeranno alle urne saranno – con ogni probabilità – molti molti meno. Furono meno della metà quelli che andarono nella scorsa tornata in Italia, ma questo non comportò ovviamente nulla ai fini decisionali, come non lo comporterà il prossimo 8 e 9 giugno alle europee.
E’ questo su cui il fronte di cittadini più difficilmente inquadrabile nella logica dei partiti candidati ad oggi si sta dividendo con forza: votare o non votare?
Il “No votation without representation” è un pensiero esteso, legittimamente, ma deve fare i conti con un effetto praticamente nullo che tale decisione genererà. La macchina europea e democratica andrà avanti, lo show continuerà nonostante gli astenuti, e forse lo farà anche in modo diverso: più svincolato da quelle voci fuori dal coro che sempre hanno costituito una spina nel fianco per le grandi maggioranze.
E’ il caso di diversi eurodeputati, da Rob Roos a Christine Anderson passando per la nostra Francesca Donato. Che non sarà candidata e in ripresa dal grave lutto, ma di cui rimangono l’immagine e la battaglia, nata nelle frange di un grande partito e poi condotta in solitudine tra Strasburgo e Bruxelles. E’ grazie a Francesca Donato che per la prima volta in quella sede è stato proposto un freno legale al gain of function, ad esempio. La pratica di modificare i virus a scopi potenzialmente militari è una battaglia più attuale che mai, nei giorni immediatamente seguenti le dichiarazioni dal MIT sull’origine della pandemia da Covid, ma in pochissime voci si sono sollevate a proporre risoluzioni.
“E’ lei uno degli esempi che deve spingerci ad andare alle urne“, risponde Fabio Duranti a un ascoltatore che chiede perché, 8 e 9 giugno, in fondo non si dovrebbe andare al mare.
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